Parigi.
Tutta questa meraviglia e niente in tasca.
Così, tutto si presenta, dissonante, per il difficile compito di sostenere la parzialità che si annida in ogni scelta.
Per quanto, poi, per un attimo, si possa, disposti a rischiare tutto, assaporare la totalità.
Ma, alla ricerca di quell'istante, tu
siedi di fronte al paesaggio, tanto sognato ed atteso, come il pittore di fronte alla tela ultimata ... e scopri l'inquietudine.
E' tutto orrendamente perfetto, così tanto perfetto da non trovar pace.
La mente, ingannatrice, comincia a fare strane elucubrazioni su come potresti stare bene, davvero, se non fossi assediata, derubata della fantasia, da mocciosi, tua carne e sangue,così instancabilmente occupati a vivere, da togliere il fiato a tutti quelli che, vicino a loro, avrebbero la velleità di occuparsi di sè.
Poi, ugualmente, stesso spettacolo mozzafiato di fronte, nella solitudine che rende liberi, così tanto anelata, spazzi infiniti a disposizione, nessuna urgenza, nessuna richiesta di presenza, uno struggimento, affascinante quanto sterile, sottrae linfa vitale, forse ancor di più di nasi moccicosi da soffiare.
Il pensiero va al rumore che mette allegria.
Parigi è di fronte a te, potresti toccarla, di più, palparne l'anima, ma finchè la guardi non puoi farci l'amore. Estranea, muori nella noia e nell'attesa delirante di come sarebbe bello ... se ...
Parigi.
Troppo bella per creare agio, troppo carica di aspettative per poterla soddisfare.
La fantasia non sente il caldo afoso, il vento respingente, la pioggia battente, la fatica della salita; la fantasia permette di creare immagini, più o meno ricche, più o meno dense, sempre costrette a confrontarsi con la realtà per non essere fantasticherie.
In qualche occasione, però, la realtà supera, per bellezza, la fantasia, oso, realtà e fantasia diventano un tutt'uno.
Parigi è dentro.
E' il tempo del desiderio.
Parigi.
Tutta questa meraviglia in tasca.
Averti addosso
Se non so dire quel che sento dentro
come un cieco come un sordo,
se non so fare quel che si deve fare
come una scimmia come un gatto,
se non so amare come si deve amare
come un bambino come un cretino,
se non so dare come una tasca vuota
come un problema ormai risolto.
Averti addosso
si, come una camicia come un cappotto
come una tasca piena come un bottone
come una foglia morta come un rimpianto.
Averti addosso
come le mie mani, come un colore,
come la mia voce, la mia stanchezza
come una gioia nuova, come un regalo.
E se il mio cuore vuole cadere da bocca
che ti cerca e che ti inghiotte
così mi porta dentro la tua vita
questa canzone mai finita.
Averti addosso come le mie mani, come un colore,
come la mia voce, la mia stanchezza
come una gioia nuova, come un regalo.
Averti addosso
come la mia estate di S. Martino
come una ruga nuova come un sorriso
come un indizio falso come una colpa.
Averti addosso
come un giorno di sole a metà di maggio
che scalda la tua pelle e scioglie il cuore
e che ti dà la forza di ricominciare.
Averti addosso
averti insieme
restare insieme, volerti bene.
Averti addosso
averti insieme
restare insieme, volerti bene.
Gino Paoli
Sensibilmente
Magari, ogni volta, il dolore è sempre lo stesso, non c'è esperienza che ne riduca l'intensità e per ogni esperienza che si possa fare, sempre lì torniamo, a sentirlo di nuovo. Ma ciò che può cambiare è che, accanto ad esso o, forse, ancora più in fonto, non c'è la morte bensì la vita, la propria, che solo così acquisisce un senso, profondo, quanto e più del dolore provato.
Tu,la tua bellezza ...
Piccolo mondo antico
Una parola d'amore anche per me
Per 20 anni ho taciuto.
Non avevo voce, i miei pensieri si fermavano in gola, i sogni albergavano la notte. Lo stomaco cominciò a parlare il suo linguaggio acido, parole dolenti,brucianti...tutto quel fuoco dentro e il pallore sul viso, lo sguardo spento senza occhi senza curiosità..sparivo lentamente morivo mi dissolvevo..poco cibo poca acqua poco sonno.Un giorno che piansi fino a svenire qualcuno disse sei migliore di quello che sembri.una parola d'amore, fu un dono inaspettato.Il sogno oltrepassò l'alba, corsi una notte al mare, e lì mi incontrai...
Non avevo voce, i miei pensieri si fermavano in gola, i sogni albergavano la notte. Lo stomaco cominciò a parlare il suo linguaggio acido, parole dolenti,brucianti...tutto quel fuoco dentro e il pallore sul viso, lo sguardo spento senza occhi senza curiosità..sparivo lentamente morivo mi dissolvevo..poco cibo poca acqua poco sonno.Un giorno che piansi fino a svenire qualcuno disse sei migliore di quello che sembri.una parola d'amore, fu un dono inaspettato.Il sogno oltrepassò l'alba, corsi una notte al mare, e lì mi incontrai...
lalla
Per un'ora d'amore
Le ali della libertà
C'era un clima di festa,quel giorno,
che la rappresentava, come se stesse confezionando
i nostri vestiti più belli.
I bambini scorrazzavano consapevoli e felici,
con la volontà e la capacità di starci fino alla fine...
in quella circostanza ho volato come lei
mi ha consentito di fare tante volte.
E' con pacata tenerezza che il mio affetto si rivolge a lei
che quelle ali me le ha consegnate tanto tempo fa.
che la rappresentava, come se stesse confezionando
i nostri vestiti più belli.
I bambini scorrazzavano consapevoli e felici,
con la volontà e la capacità di starci fino alla fine...
in quella circostanza ho volato come lei
mi ha consentito di fare tante volte.
E' con pacata tenerezza che il mio affetto si rivolge a lei
che quelle ali me le ha consegnate tanto tempo fa.
La conoscenza
Nessun essere umano può crescere ed espandersi senza la relazione.L'esistenza dell'uomo si ramifica rigogliosamente nelle più svariate direzioni e nessuno può mai trovare una pienezza di vita in un'esistenza limitata al proprio guscio... abbiamo percezione di noi stessi proprio nello scambio dialettico, nel confronto con l'altro.
perchè amare è fermarsi, guardare e ascoltare
I vostri figli non sono i vostri figli.
Sono i figli e le figlie della fame che in se stessa ha la vita.
Essi non vengono da voi, ma attraverso di voi,
e non vi appartengono benchè viviate insieme.
Potete amarli, ma non costringerli ai vostri pensieri,
poi che essi hanno i loro pensieri.[...]
Cercherete di imitarli, ma non potrete farli simili a voi,
poi che la vita procede e non s'attarda su ieri.
Voi siete gli archi da cui i figli, le vostre frecce vive, sono scoccati lontano.
(Gibran, Il Profeta, 1923,33)
Neanche se campassi mille anni
La linea dell'orizzonte
Quando, a seguito di un'intuizione, neghiamo l'importanza dell'apparente stallo che l'ha preceduta, sprofondiamo nella depressione.
Così, non ci predisponiamo ad accogliere il nuovo orizzonte, che è anche figlio della frustrazione, del dolore e dell'ignoranza ma, con uno sguardo severo al passato, ci preoccupiamo solo del tempo perduto e di quanto non avevamo capito. E' in quell'attimo che perdiamo tutto, di nuovo.
E' solo la continuità che, attraverso il riconoscimento della strada percorsa, ci mantiene vitali.
Così, non ci predisponiamo ad accogliere il nuovo orizzonte, che è anche figlio della frustrazione, del dolore e dell'ignoranza ma, con uno sguardo severo al passato, ci preoccupiamo solo del tempo perduto e di quanto non avevamo capito. E' in quell'attimo che perdiamo tutto, di nuovo.
E' solo la continuità che, attraverso il riconoscimento della strada percorsa, ci mantiene vitali.
M.
Anch'io sono uscita nauseata la sera prima dal senso di vuoto e dall'inganno. Caffe' filosofico lo hanno chiamato quando di caffé nemmeno l'odore e di filosofico niente di quello che la filosofia era ed è nella sua essenza: domanda universale per la vita di ciascuno. Cosi' come la poesia che presta la voce del singolo per esprimere quella di molti: per questo ci com_muoviamo leggendo un verso che parla di sentimenti e di emozioni perché sentiamo che quelle parole sono anche per noi. E non è lo stesso se parliamo di giustizia, di libertà, di etica? Possiamo parlarne come beni universali sapendo e sperimentando come la loro negazione passa attraverso di noi e ci ferisce l'anima? Non le discipline separano ma la supponenza e la menzogna che seppelliscono la parte creativa, vitale che le anima tutte. Il desiderio vive in loro, desiderio di conoscere, di sentire, di esprimersi............
Desiderare e resistere...proviamoci.
Desiderare e resistere...proviamoci.
Ingessati nel pensiero stupido
Anche questa volta quello che ho visto e sentito non mi è piaciuto. Volevano parlare di anime, di corpi e non so di che altro, avevano deciso di presentare la loro proposta con un titolo in cui i tre termini della questione erano separati da virgole; ma non avevo pensato che quelle virgole fossero il segno grafico di un pensiero scisso.
Forse il titolo era così: corpi, menti, anime e non doveva intendersi, come ho inteso io, e corpi e menti e anime ... ma corpi/menti/ anime.
La questione non è da poco, visto che mi sono ritrovata in un contesto inanidato e tronfio, tanto da essere ridicolo perchè stupido. Ho sorriso tanta era la stupidità nascosta dietro a roboanti citazioni. Meno male che la loro dichiarazione d'intenti era quella di discutere informalmente di filosofia! Forse, molto semplicemente, non è possibile togliere la forma alla filosofia perchè non ci resta niente.
Mero pensiero astratto, un esercizio di logica. Non c'è nulla di più materialistico!
Per questo soffro ad avvicinarmi a certi mondi e ogni volta confermo che non mi appartengono e che non ci posso e non voglio starci.
Pensiero logico formale: "Davanti a me vedo solo corpi. Dov'è l'anima?"
Dov'è l'anima non lo so ma sicuramente so, perchè lo sento, che questi corpi che ha davanti a lei non si limitano ad occupare uno spazio più o meno grande, non sono carne da macello, ma sono molto altro. Forse l'anima è corpo e se non lo vede, non dovrebbe trasformare la sua miopia in argomentazioni teoriche che generalizzano e appiattiscono tutto e tutti.
Ho anche sentito paragonare la felicità umana al meccanismo che regola il funzionamento di un sistema elettrico e l'effetto immediato è stato che le luci del desiderio di conoscenza e di condivisione che mi animavano si sono spente.
Allora hanno ragione loro? La felicità è una lampadina che si accende e l'infelicità è una lampadina che si spenge? Ma loro non intendevano dire questo. Citando Gadda, facevano, bensì, riferimento ad un sistema meccanicistico di funzionamento dell'essere umano che, disumanizzato,diventa uguale ad una macchina. La mente umana paragonata al computer. Pensavo che fosse un pensiero obsoleto, come direbbero loro, ed invece "patapam!" ci sono sbattuta contro, ancora una volta. La malattia e l'infelicità stanno nel materialismo, un macigno che non risparmia nessuno; chiunque incontri sulla sua via lo schiaccia e lo uccide perchè lo svuota di senso.
Ma non voglio entrare nell'ottica, o dovrei dire nella logica, della ragione e del torto. Non hanno nè ragione nè torto loro a vivere in questo modo, come non ho ragione o torto io che sento e dico queste cose. Mi fermo solo a constatare una diversità che, invece di essere fonte di creatività,mi allontana e la lontananza diventa incolmabile. Per cui mi alzo e me ne vado.
Forse il titolo era così: corpi, menti, anime e non doveva intendersi, come ho inteso io, e corpi e menti e anime ... ma corpi/menti/ anime.
La questione non è da poco, visto che mi sono ritrovata in un contesto inanidato e tronfio, tanto da essere ridicolo perchè stupido. Ho sorriso tanta era la stupidità nascosta dietro a roboanti citazioni. Meno male che la loro dichiarazione d'intenti era quella di discutere informalmente di filosofia! Forse, molto semplicemente, non è possibile togliere la forma alla filosofia perchè non ci resta niente.
Mero pensiero astratto, un esercizio di logica. Non c'è nulla di più materialistico!
Per questo soffro ad avvicinarmi a certi mondi e ogni volta confermo che non mi appartengono e che non ci posso e non voglio starci.
Pensiero logico formale: "Davanti a me vedo solo corpi. Dov'è l'anima?"
Dov'è l'anima non lo so ma sicuramente so, perchè lo sento, che questi corpi che ha davanti a lei non si limitano ad occupare uno spazio più o meno grande, non sono carne da macello, ma sono molto altro. Forse l'anima è corpo e se non lo vede, non dovrebbe trasformare la sua miopia in argomentazioni teoriche che generalizzano e appiattiscono tutto e tutti.
Ho anche sentito paragonare la felicità umana al meccanismo che regola il funzionamento di un sistema elettrico e l'effetto immediato è stato che le luci del desiderio di conoscenza e di condivisione che mi animavano si sono spente.
Allora hanno ragione loro? La felicità è una lampadina che si accende e l'infelicità è una lampadina che si spenge? Ma loro non intendevano dire questo. Citando Gadda, facevano, bensì, riferimento ad un sistema meccanicistico di funzionamento dell'essere umano che, disumanizzato,diventa uguale ad una macchina. La mente umana paragonata al computer. Pensavo che fosse un pensiero obsoleto, come direbbero loro, ed invece "patapam!" ci sono sbattuta contro, ancora una volta. La malattia e l'infelicità stanno nel materialismo, un macigno che non risparmia nessuno; chiunque incontri sulla sua via lo schiaccia e lo uccide perchè lo svuota di senso.
Ma non voglio entrare nell'ottica, o dovrei dire nella logica, della ragione e del torto. Non hanno nè ragione nè torto loro a vivere in questo modo, come non ho ragione o torto io che sento e dico queste cose. Mi fermo solo a constatare una diversità che, invece di essere fonte di creatività,mi allontana e la lontananza diventa incolmabile. Per cui mi alzo e me ne vado.
La strada per arrivare a te
Lui che parlando mi ascolta
Seminario: Il retrobottega delle famiglie perfette
... per un tema che riguarda tutti da vicino ...
La proposta domenicale, alternativa ai centri commerciali, nasce dal desiderio di contrapporre all’immagine ideale di famiglia degli spot pubblicitari, troppo spesso teatro di raccapriccianti e “imprevedibili” episodi di violenza, una famiglia che sia portatrice di libertà per ogni suo membro; in cui le parole che circolano siano espressione diretta e lineare di sentimenti che, per quanto imperfetti, non siano mai mortali.
L’incontro, aperto a bambini di tutte le età, si svolgerà con la partecipazione di intere famiglie o membri di esse che intendano allearsi per creare terreno fertile alla crescita del “buono” dell’essere umano, unica difesa concreta ed efficace alla violenza dilagante.
Gioco, comunicazione ed arte saranno gli strumenti di cui ci avvarremo per cominciare a guardare dentro noi stessi, farsi delle domande di apertura al cambiamento negli stili di relazioni che sono fonte di malessere e insoddisfazione, trovare insieme ai nostri figli un modo condiviso per ascoltare le esigenze di tutti e starsi vicino nel rispetto reciproco.
Progetto ambizioso, ma possibile con la disponibilità di tutti.
Luogo:
Via G.del Papa, 88
EMPOLI (FI)
Data da definire
Cel.347/4404681
Per iscrizioni: Seminario: Il retrobottega delle famiglie perfette
La proposta domenicale, alternativa ai centri commerciali, nasce dal desiderio di contrapporre all’immagine ideale di famiglia degli spot pubblicitari, troppo spesso teatro di raccapriccianti e “imprevedibili” episodi di violenza, una famiglia che sia portatrice di libertà per ogni suo membro; in cui le parole che circolano siano espressione diretta e lineare di sentimenti che, per quanto imperfetti, non siano mai mortali.
L’incontro, aperto a bambini di tutte le età, si svolgerà con la partecipazione di intere famiglie o membri di esse che intendano allearsi per creare terreno fertile alla crescita del “buono” dell’essere umano, unica difesa concreta ed efficace alla violenza dilagante.
Gioco, comunicazione ed arte saranno gli strumenti di cui ci avvarremo per cominciare a guardare dentro noi stessi, farsi delle domande di apertura al cambiamento negli stili di relazioni che sono fonte di malessere e insoddisfazione, trovare insieme ai nostri figli un modo condiviso per ascoltare le esigenze di tutti e starsi vicino nel rispetto reciproco.
Progetto ambizioso, ma possibile con la disponibilità di tutti.
Luogo:
Via G.del Papa, 88
EMPOLI (FI)
Data da definire
Cel.347/4404681
Per iscrizioni: Seminario: Il retrobottega delle famiglie perfette
Stamani ho respirato aria buona
Stamattina si è respirato aria buona, proprio di quella che non ha bisogno di spiegazioni perchè aveva già in sè tutto il significato, per ciò che si sentiva e che andava accadendo ben oltre le parole o le motivazioni.
In momenti come questo non può esserci sconfitta nè attacchi distruttivi, perchè io c'ero ed ho respirato aria buona.
Una donna, 1906
Un pensiero che non solo non è morto ma che, in certi casi, ancora deve nascere e che, in altri, pulsa e vibra ma, ancora troppo poco, trova il modo di farsi ascoltare:
"Potevo ben lasciare la briglia alla fantasia, ma se non vedevo chiaro quello che avrei fatto, sapevo troppo lucidamente quello che non avrei fatto mai; avevo la sensazione che l'avvenire già esistesse dentro di me: una soluzione, facile o difficile, più o meno lontana, ma certa, quasi fatale".
Sibilla Aleramo
La cura
Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie,
dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via.
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo,
dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai.
Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore,
dalle ossessioni delle tue manie.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce per non farti invecchiare.
E guarirai da tutte le malattie,
perché sei un essere speciale,
ed io, avrò cura di te.
Vagavo per i campi del Tennessee
(come vi ero arrivato, chissà).
Non hai fiori bianchi per me?
Più veloci di aquile i miei sogni attraversano il mare.
Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza.
Percorreremo assieme le vie che portano all'essenza.
I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi,
la bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi.
Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto.
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono.
Supererò le correnti gravitazionali,
lo spazio e la luce per non farti invecchiare.
Ti salverò da ogni malinconia,
perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te...
io sì, che avrò cura di te
Neutralità ed empatia in psicoterapia
"... Il concetto di ‘neutralità’ riguarda dunque il fatto che l’analista -quanto più riesce ad essere libero da ogni desiderio- tanto più riesce a mantenere il ruolo di osservatore obiettivo e distaccato.L’analista neutrale -o indifferente, (ma anche assente)- diviene così, almeno idealmente, l’analista- standard: il quale cerca quindi di evitare, per la verità in modo un pò ossessivo, ogni tipo di sentimento, ogni forma di vicinanza nei confronti dei propri pazienti. E tale atteggiamento diviene il criterio che definisce ciò che è analitico e ciò che, al contrario, non lo è; conduce in estrema analisi al paradosso implicito nel fatto che, nell’incontro interumano in ambito analitico, si cerca di evitare tutto ciò che, di umano, vi possa essere.
Il concetto della ‘neutralità analitica’ indica una delle qualità che definiscono l’atteggiamento dell’analista nella cura; in particolare, l’analista dovrebbe essere neutrale nei confronti delle manifestazioni del transfert, e sappiamo che è proprio nel saggio sull’amore di transfert che Freud sostituisce il termine ‘neutralità’ con quello, più forte ed incisivo, di ‘indifferenza’.
Ed è in questo senso che leggiamo la regola dell’astinenza: “... la cura deve essere condotta in stato di astinenza” (Freud, 1915). Il problema è che, se l’analista persegue alla lettera il principio di astinenza, perde qualunque empatia, escludendo -contemporaneamente- il proprio inconscio dal lavoro d’analisi: ed è breve il passo che conduce dall’astinenza alla disumanità.
Nella sua espressione più estrema l’astinenza giunge infatti a determinare una restrizione sempre più serrata dei criteri di analizzabilità e l’esclusione di cerchie sempre più vaste di pazienti; produce altresì intensi dibattiti sull’opportunità -ed il pericolo- implicito nel dare la mano al paziente, fargli gli auguri in occasione ad esempio di delicati interventi chirurgici, o fargli le condoglianze nel caso della morte di un familiare, e così via dicendo. Lo psicoanalista diviene la “scimmia di latta dal muso di pecora” (Stone, 1973).
L’astinenza psicoanalitica contrappone all’ ‘amor malato” del paziente la ‘sana indifferenza’ dell’analista.
Giubbolini F., La ragione degli affetti, 1996
Il solito ignoto
Murato dentro al solito destino
avvizzisco
Non il dolore, non la gioia,
che pure sento,
sfondano
il silenzio noioso che
intorpidisce tutto
Dentro
si susseguono sinfonie che,
neppure lontanamente,
trovano una soddisfacente espressione di sè
Cala la notte
Mi abbaglia
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Poesia
Un abbraccio di senso compiuto
Il raccolto
Lui confidava nelle mie capacità, perciò io le possedevo.
Ora, ogni qual volta queste capacità vengono fuori e danno vita a cose belle che, seppur sempre con fatica, riesco a realizzare, un pensiero affettuoso è sempre rivolto a lui e a tutte le volte in cui la sua benevolenza inaspettata mi ha addolcito e dato speranza.
Ora, ogni qual volta queste capacità vengono fuori e danno vita a cose belle che, seppur sempre con fatica, riesco a realizzare, un pensiero affettuoso è sempre rivolto a lui e a tutte le volte in cui la sua benevolenza inaspettata mi ha addolcito e dato speranza.
Non solo Munch
"Grida! Dai ... fai un urlo!"-
"Ma come?"
"Si ... un urlo ... così come ti viene, per gioco, per rabbia, per libertà, per esserci ... Urla!"
"Ma (risatina) se urlo cade il palazzo!"
-Silenzio-
"Dai!"
(Stizzosa) "Ma dai, così a comando ... perchè me lo chiedi tu ... che senso ha ... dovrebbe essere liberatorio? a che dovrebbe servire? i soliti giochetti da psicologi" (rossa in faccia)
BLA, BLA, BLA
La verità è che non lo sai più fare.
Da grandi, da adulti ben educati, che stanno nei binari, che sono moderati, comprensivi e giudiziosi non ci si può permettere di urlare.
L'urlo, dopo tutta una vita passata a sentirsi dire che è male, viene bandito dalla tavolozza delle tinte tonali fino a implodere in un boato di silenzio, dentro e fuori di noi.
Troppo spesso le persone associano l'urlo alla rabbia, alla violenza, al dolore, senza pensare che i bambini urlano di gioia quando giocano e si divertono insieme. Anche l'orgasmo, ogni tanto -lasciando fuori i finti eccessi- fa urlare dentro e fuori.
Ma tante volte diventa difficile emettere un suono che provenga dalla nostra bocca. E' come non avere più voce "in capitolo" su niente che ci riguarda. Fa paura solo l'idea del suono della nostra voce in pubblico perchè la pensiamo - e la fregatura è proprio quella!- sgraziata, stridula da oca giuliva, tremolante di emozione, dura, troppo bassa o troppo alta e via dicendo. Il fatto è che emettere un suono equivale a prendere una posizione e l'urlo determina con maggiore incisività questa posizione e ci rende visibili.
Questa autolimitazione indiscriminata a "cacciare fuori" energia costringe al mutismo e alla rassegnazione e fa percepire le circostanze di vita come situazioni costrittive di cui non si ha il coraggio di liberarsi. Per cui le energie si bloccano e si pietrificano.
Ecco che, magari, si presentano calcoli biliari (perchè a quel punto uno è incazzato di brutto!) che provocano delle coliche dolorosissime permettendo, così, alla persona di fare tutto quello che non ha il coraggio di fare: movimento violenti e grida di dolore. E così la malattia rende onesti!
Portarsi tutto nella tomba!
Nel tentativo di tenersi tutto, tutta l'aria che respira, senza rilasciare niente, chi soffre d'asma trova il modo di avvelenarsi. Conservare gelosamente quello che considerano loro e rinunciare alla ricchezza che potrebbero avere se accettassero di dividere con altri il loro "patrimonio" rappresenta il nucleo centrale del vissuto degli asmatici. Non essere mai sazi d'aria, tanto da accumularla a tal punto da restarne privi.
L'asmatico avverte come pericolose le sostanze più semplici e innocue dell'ambiente circostante e si chiude subito nei loro confronti.
Sembra quasi che vi sia la paura di lasciar penetrare dentro di sè la vita a cui segue un disperato tentativo di chiudersi, di isolarsi, di incapsularsi di fronte a ciò che vive. Tutto questo può portare anche all'estrema conseguenza, cioè alla morte.
Mi gonfio di aria pura e mi rifiuto di rilasciare alcunchè di sporco, inaccettabile, infimo, non nobile come l'anidride carbonica.
Trattenere le cose è un modo per farle morire; condividerle è un modo per renderle infinite.
Seminario: Il corpo e i suoi messaggi
In ogni forma morbosa, accanto ai fattori somatici, giocano un ruolo importante anche i fattori psicologici.
L’interconnessione tra un disturbo e la sua causa d’origine psichica si riallaccia alla visione olistica del corpo umano, all’interno della consapevolezza che corpo e mente sono strettamente legati tra loro.
Laddove non c’è sufficiente capacità di rappresentarsi mentalmente e quindi di esprimere adeguatamente i propri stati emotivi, è il corpo, attraverso i sintomi, a farsi carico di “trovare le parole” per dirselo.
OBIETTIVO:
Il seminario ha come obiettivo di offrire degli strumenti di lettura dei sintomi somatici per arrivare a considerarli segni tangibili di ciò che non si vede, più che nemici da eliminare con qualche farmaco.
L’interconnessione tra un disturbo e la sua causa d’origine psichica si riallaccia alla visione olistica del corpo umano, all’interno della consapevolezza che corpo e mente sono strettamente legati tra loro.
Laddove non c’è sufficiente capacità di rappresentarsi mentalmente e quindi di esprimere adeguatamente i propri stati emotivi, è il corpo, attraverso i sintomi, a farsi carico di “trovare le parole” per dirselo.
OBIETTIVO:
Il seminario ha come obiettivo di offrire degli strumenti di lettura dei sintomi somatici per arrivare a considerarli segni tangibili di ciò che non si vede, più che nemici da eliminare con qualche farmaco.
DESTINATARI:
Chiunque sia interessato a intraprendere una strada di ascolto del proprio corpo vissuto come parte integrante di sé e come fonte di conoscenza.
Chiunque sia interessato a intraprendere una strada di ascolto del proprio corpo vissuto come parte integrante di sé e come fonte di conoscenza.
LUOGO e DATA:
Via G. del Papa, 88
28 Settembre 2008
Via G. del Papa, 88
28 Settembre 2008
ORARIO:
Inizio dei lavori ore 9.00 e termine ore14.00
Inizio dei lavori ore 9.00 e termine ore14.00
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Seminario
I capoccioni
Il mal di testa da tensione è un tipo di dolore diffuso che comincia in fase subacuta, di carattere compressivo, che può durare ore, giorni e settimane. Il dolore nasce probabilmente da una tensione troppo grande dei vasi sanguigni. In genere in questi casi si riscontra anche una forte tensione della muscolatura della testa e anche dei muscoli della zona delle spalle, del dorso e della colonna vertebrale. Spesso questo tipo di mal di testa si presenta in situazioni di vita di forte pressione o in situazioni critiche di ascesa che richiedono molto, forse troppo.
E' la "via verso l'alto", che facilmente "fa pesare la testa". "Sbattere la testa contro le pareti e spezzarle" è un pò il motto di chi, per orgoglio e mania di perfezione, cerca di imporre la propria volontà.
Porsi degli obiettivi da raggiungere, anche ambiziosi; sollevare la testa verso l'alto e guardare lontano verso il sogno è una dimensione fondamentale per la crescita delle potenzialità di ciascuno, ma se, nel frattempo, a forza di stringere i denti e tener duro, ci dimentichiamo la capacità di lasciarsi andare al piacere del momento e di perdere totalmente la testa, l'atto di volontà non servirà a far nascere figli e a farli crescere ma soltanto a generare aridità.
L'attacco di cefalea si può intendere, quindi, come un orgasmo vissuto in solitudine nel tentativo di mantenere un illusorio controllo su di sè e sulla propria esistenza.
Tolto il paraocchi dell' "Io voglio", è tempo di rivolgere lo sguardo verso il basso e considerare le proprie radici e i propri desideri più profondi. In alternativa, dice che un caffè, se preso in tempo, blocca la crisi!
Sintomo ed esercizio di potere
Dato che il termine potere è considerato un concetto molto negativo, le persone spossono sentirsi costrette a mascherare sempre meglio i propri giochi di potere. Invece di dichiarare apertamente il proprio bisogno di potere, lo manifestano utilizzando soprattutto malattie e debolezze sociali. Con la malattia si può ottenere quasi sempre quello che senza sintomi non si avrebbe mai. I vantaggi secondari ottenibili usando i sintomi come strumento di potere non di rado impediscono la guarigione.
Così, tanto per fare un esempio, il bisogno di urinare, legato spesso a particolari situazioni di stress, corrisponde ad una incapacità di rilassarsi psicologicamente per cui dobbiamo farlo attraverso il corpo. L'urgenza di orinare mostra quanto è alto il livello di tensione subita e permette anche di trasformare la pressione vissuta passivamente in una pressione attiva: si può interrompere e manipolare quasi ogni situazione. Chi deve andare in bagno, avverte una pressione ed esercita contemporaneamente una pressione.
Nell'infiammazione della vescica il bruciore che accompagna il rilassamento e la minzione mostra fino a che punto per quella persona sia doloroso cedere. Frequente stimolo a urinare, però con poca urina o addirittura niente, è espressione dell'incapacità di rilassarsi nonostante la pressione. In tutti questi sintomi risulta evidente che tutte le sostanze, ovvero le tematiche, di cui ci si dovrebbe liberare, sono ormai ampiamente superate e rappresentano soltanto un peso.
Oggi, una finestra ha sbattuto d'impeto
Odi Alcone il muggito
Nell'alto mar de la crudel tempesta
E la folgor funesta,
Che con tuono infinito
Scoppia da lungi, e rimbombar fa il lito.
Ahimè miseri legni,
Che cupidigia e ambizion sospinse;
E facil' aura vinse
Per li mobili regni
Lor speme a sciorre oltre gli Erculei segni!
Altro sperò giocondo
Tornar da ignote preziose cave;
E d'oro e gemme grave
Opprimer col suo pondo
De la spiaggia nativa il basso fondo.
Credeva altro d'immani
Mostri oleosi preda far nell'alto;
Altro feroce assalto
Dare agli abeti estrani,
E dell'altrui tesoro empier suoi vani.
Ma il tuono e il vento e l'onda
Terribilmente agita tutti e batte;
Nè le vele contratte
Ne da la doppia sponda
Il forte remigar, l'urto che abbonda
Vince nè frena. E in tanto
Serpendo incendioso il fulmin fischia:
E fra l'orribil mischia
Dè venti e il buio manto
Del cielo, ognun paventa essere infranto.
[...]
Le Odi, G. Parini
Dietro alle attività frenetiche si cela sempre insicurazza e senso di inferiorità. Non c'è spazio per essere ma solo per fare e dimostrare- a chi, poi, e che cosa, è tutto da vedere.
Chi fa molto, dovrebbe chiedersi perchè lo fa, in modo da evitare un giorno delusioni troppo grandi. La risposta più convincente è che faccia tutto questo per essere riconosciuto, apprezzato e amato. Quello che, in definitiva, vogliamo tutti.
Ma l'amore non ha scopi, non è possibile guadagnarselo, non è neppure giusto.
Allora il corpo, come sempre, mostra la verità.
Chi,nel tentativo spasmodico di dimostrare di essere bravo, intelligente, ricco, famoso ..., si sovraccarica di compiti e doveri, diventa veramente più piccolo fisicamente. In un certo senso si insacca per lo schiacciamento dei dischi intervertebrali e i dolori gli fanno assumere un portamento curvo. Il compito dei dischi intervertebrali, infatti, è quello di rendere possibile il movimento e l'elasticità. Se sopravviene un blocco dei dischi, il portamento diventa rigido e statico e spesso si assumono posizioni strane. Se una persona è bloccata gli manca ogni apertura e movimento, diviene rigida e fissa nella propria posizione interiore.
A quel punto, c'è la necessità di un colpo deciso e improvviso per distogliersi dalla solita posizione, orientarsi nuovamente e ritrovarsi nel nuovo.
"Che cosa è per te la volgarità?
Il canto struggente
Le radici degli affetti
La tessitrice
Mi son seduto su la panchetta
come una volta... quanti anni fa?
Ella, come una volta, s'è stretta
su la panchetta.
E non il suono d'una parola;
solo un sorriso tutto pietà.
La bianca mano lascia la spola.
Piango, e le dico: Come ho potuto,
dolce mio bene, partir da te?
Piange, e mi dice d'un cenno muto:
Come hai potuto?
Con un sospiro quindi la cassa
tira del muto pettine a sé.
Muta la spola passa e ripassa.
Piango, e le chiedo: Perché non suona
dunque l'arguto pettine più?
Ella mi fissa timida e buona:
Perché non suona?
E piange, e piange - Mio dolce amore,
non t'hanno detto? non lo sai tu?
Io non son viva che nel tuo cuore.
Morta! Si, morta! Se tesso, tesso
per te soltanto; come, non so;
in questa tela, sotto il cipresso,
accanto alfine ti dormirò.
Giovanni Pascoli
Novella d'amore
C'era una volta un califfo di Ispahan che dopo vent'anni di felicità coniugale s'andava tristemente disamorando della regina. Col cuore in pezzi, la vedeva perdere di giorno in giorno il fascino che aveva conservato tanto a lungo. Il viso della regina stava diventando scialbo, appariva grigio, cupo e mesto. Gli angoli delle labbra mostravano una piega amara e delle rughe violacee le appesantivano lo sguardo spento. Pareva soprattutto che avesse rinunciato a sedurre e che deliberatamente venisse meno al dovere di essere bella cui ogni donna , e una regina più di ogni altra, è tenuta.
Così, il califfo si stava allontanando da lei. Tutti i pretesti erano buoni per andarsene in guerra, a caccia o in missione diplomatica. Anche il suo interesse verso le damigelle di corte appariva sempre più insistente.
Un giorno però, uscendo dalle sue stanze per recarsi nella sala del Consiglio, gli accadde di passare dietro alla regina che s'acconciava la capigliatura davanti a uno specchietto.
Guardò di sfuggita nello specchio e si fermò sbalordito. Il viso che vi aveva appena scorto risplendeva di radiosa bellezza. Quegli occhi brillavano di gioia. Gli angoli delle labbra si rialzavano in un sorriso pieno di gaia ironia. Colto da stupore, il califfo restò fermo, e, poggiando le mani sulle spalle della regina, la fece voltare verso di lui. Che mistero! Il viso che adesso stava fissando era, come al solito, grigio, cupo e mesto. Gli angoli delle labbra ricadevano in una piega amara. Delle rughe violacee le appesantivano lo sguardo spento. Il califfo alzò le spalle e si recò al Consiglio.
Tuttavia la fugace illuminazione che aveva colto al mattino, seguitava a occupare la sua mente. Cosicchè l'indomani fece in modo che si ripetesse la scena del giorno prima. Mentre la regina stava di fronte al suo specchietto, le passò dietro osservandone l'immagine riflessa. Il miracolo si ripetè: vi si rifletteva una donna che risplendeva di gioia. Di nuovo il Califfo la fece voltare verso di lui. Di nuovo, il volto che scoprì era solo una maschera di lutto e malinconia. S'allontanò ancora più inquieto del giorno prima.
La sera, si recò presso il saggio Ibn Al Houdaida ... Gli raccontò del disamore che si stava instaurando tra lui e la regina, del velo di infelicità che abitualmente le copriva il volto, ma anche della scoperta di una donna trasfigurata nel piccolo specchio come per due volte aveva constatato, e gli raccontò pure della sua delusione quando poi l'aveva guardata dritto in volto.
Ibn Al Houdaida meditò a lungo in seguito a questo racconto. Lui che viveva da tanto tempo senza moglie e senza specchio, cosa ne poteva sapere? Interrogò il discepolo d'un tempo.
"Cosa vedevi esattamente, nello specchio che osservavi da sopra la spalla della regina?".
"Ve l'ho già detto" rispose il Califfo "vedevo la regina radiosa di bellezza".
Il saggio seguitò a riflettere.
"Ricordati bene. Davvero vedevi soltanto il volto della regina?".
"Sì, insomma ... credo. Forse vedevo anche il muro della stanza, o una parte del soffitto".
"Domani mattina, riprova di nuovo e guarda meglio" gli ordinò Ibn Al Houdaida.
L'indomani sera, il Califfo si presentava di nuovo a casa sua.
"Allora?" gli chiese il saggio. "Che hai visto nello specchio, oltre alla regina trasfigurata?".
"Ho scoperto la mia testa in secondo piano e un pò sfocata nella penombra" disse il Califfo.
"Ebbene", disse il saggio "ecco la chiave del mistero! Quando affronti la regina di fronte, con durezza, senza amore, come un giudice, quando la squadri come se volessi contare le sue rughe o i suoi capelli grigi, allora la getti in una solitudine che l'addolora e l'imbruttisce. Invece, quando il tuo viso è accanto al suo essa irradia bellezza e gioia. Ti ama, ecco, e si illumina solo quando le vostre due teste sono unite nella stessa cornice con lo sguardo rivolto allo stesso paesaggio, allo stesso avvenire ... ".
Michel Tournier
A chi mi ha dato il cuore
Da scettica a scettico
Nei rapporti non occorre fare un atto di fede. Non si tratta, infatti, di credere o non credere; si tratta, invece, di praticare la realtà degli affetti che ci sono senza svilirli nè idealizzarli.
In questo senso, c'è più concretezza in un sentire corretto di quanta non ce ne sia nelle cose materiali.
Aut aut
Proprio perchè la via d'uscita non sta quasi mai in una delle due alternative che prendo in considerazione, bensì in una terza possibile via che, poichè le contiene entrambe, entrambe le esclude ...
non dovrebbero esserci cose che non si possono dire; dovrebbe, piuttosto, esistere un modo adeguato per dirle.
Il coraggio dei mondi possibili
E' come vedere il mondo da una piccola fessura e credere che quello che vedo sia tutto ciò che esiste.
Quello che mi sembra grave non è tanto che le persone abbiano un orizzonte limitato ma che credano e sentano che non possa esistere altro.
Così l'ignoranza diventa una forma di dittatura che vicendevolmente gli uni impongono agli altri.
Oltre il bianco e il nero
Il cambio del pannolone
Numero Diciassette: lasciare a G. un messaggio per ricordargli di chiamare sua madre. Lasciare a G. un messaggio per ricordargli di leggere il primo messaggio.
Mi sono sempre detta: "Non credo di fare la madre a nessuno se non a chi devo farla per il semplice fatto che lo sono. Non rientra nel mio modo di essere. Mi levo di torno quando lui piega il bucato o parla con i bambini, non gli dico come fare per poi sostituirmi a lui ... perchè, oltre che violento lo trovo noioso e non ho voglia di farlo".
Ma poi, col tempo, nel trovare le parole anche per lui mi sono scoperta a lavargli le mutande!
Non ci sono isole
Lo scafandro e la farfalla
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