Seminario "Dove si arresta la mia creatività?"

"Sì come una giornata bene spesa dà lieto dormire, così una vita bene usata dà lieto morire"
da Jules e Jim

Essere creativi non significa essere artisti, ovvero uomini e donne dotati di capacità fuori dal comune, bensì significa andare a ricercare quell'autenticità affettiva che permetta a ciascuno di noi di trovare nessi tra cose solo apparentemente lontane, così da produrre atti soddisfacenti.

La capacità di dare vita a qualcosa che prima non c'era è nella possibilità di ognuno ed è essenziale alla continua trasformazione di sé nella propria vita.

Sotto questa luce possiamo rimanere, come diceva Piaget, in parte bambini con la creatività e la fantasia che li contraddistingue prima che siano deformati dalla società degli adulti.

Recuperare la fantasia, la curiosità, il piacere di inventare e di giocare e usare tutta questa ricchezza nella propria vita, quella di tutti i giorni, significa alleggerirsi di quei pesi, tante volte insostenibili, dell'impotenza, della noia, dell'invidia, della rabbia, della solitudine, della paura ... perché creare significa partecipare alla propria vita assumendosene la responsabilità piuttosto che rimanere impauriti spettatori di pellicole già viste.

"Apro gli occhi, percepisco il progressivo affiorare della coscienza, un fremito mi percorre i muscoli e passa attraverso le fibre, ti riconosco, ormai da tempo ti insinui nelle mie caotiche idee che danzano a ritmi vivaci, sei il mio chiodo fisso, la mia compagna di viaggio, la mia interlocutrice antinoia, la mia vocina audace che mi chiede insistentemente - Che cosa farai quando sarai (più) grande?- Quando ci sei il corpo vibra, la mente è fluida, le tempie martellano, i battiti cardiaci sono accelerati,il volto rivela il calore e il colore di una fatica, non riesco a pensare ad altro, e, finalmente, ecco l'idea, so cosa fare. Benvenuta creatività! Quando ci sei tu, c'è la vita".

Data e ora: Domenica 6 dicembre dalle ore 10:00 alle 16:00

Luogo: Centro Culturale “ Le Corti” via Sonnino Sidney, 1 Montespertoli

Per ulteriori informazioni:
francescamancini@email.it
Tel. 347 4404681


Per iscrizioni

Ora che sei venuta


Ora che sei venuta,
che con passo di danza sei entrata
nella mia vita
quasi folata in una stanza chiusa -
a festeggiarti, bene tanto atteso,
le parole mi mancano e la voce
e tacerti vicino già mi basta.

Il pigolìo così che assorda il bosco
al nascere dell'alba, ammutolisce,
quando sull'orizzonte balza il sole.


Ma te la mia inquietudine cercava
quando ragazzo
nella notte d'estate mi facevo
alla finestra come soffocato:
che non sapevo, m'affannava il cuore.
E tutte tue sono le parole
che, come l'acqua all'orlo che trabocca,
alla bocca venivano da sole,
ore deserte, quando s'avanzavan
puerilmente le mie labbra d'uomo
da sè per desiderio di baciare ...

(C. Sbarbaro, Ora che sei venuta)

Quale psicoterapia?


... un'occasione per farsi un'idea personale della psicoterapia dinamica con il proposito di sostituire gli stereotipi relativi alla figura dello psicoterapeuta e della psicoterapia con l'esperienza diretta ...

Dal Complesso di Cenerentola ad altre storie


... in cammino nelle fiabe ...
L'obiettivo di questo ciclo di seminari è quello di utilizzare le fiabe come strumento di conoscenza del comportamento umano generale e, allo stesso tempo, come strumento di individuazione di personali aspetti psicologici.
Va precisato che, dal nostro punto di vista, il bene e il male appartengono alla sfera degli affetti e, quindi, è in tale ambito che dovrebbero essere cercate le risposte.
L'incapacità di far fronte al problema del male - problema rimasto irrisolto nei secoli, nonostante i numerosi tentativi di fornire risposte - è più che mai pericolosa nel mondo attuale, poichè, perfino in ambiti di importanza decisiva per la società, non si considera l'importanza della dimensione affettiva nei termini di corretto rapporto con la realtà propria e dell'altro ... [ C'era una volta] un padre che mise una bara sotto l'albero di Natale, come regalo per la figlia malata di cancro. L'impressione che questo gesto suscita in noi ... equivale a un pugno in faccia ... [perchè] al posto di quel "per l'altro" si presenta l'atto di regalare qualche cosa di cui la figlia ha bisogno, o di cui può aver bisogno... quindi il proposito di procurare una gioia passa in secondo piano rispetto all'utile. [Pensò l'uomo]: "Se mia figlia può ancora aver bisogno di qualche cosa, questo qualche cosa è una bara, dunque le regalo una bara". Cioè: la vicendevole partecipazione al dono, da parte del donatore e del destinatario del dono, si trasforma in una completa mancanza di partecipazione da parte del destinatario, anzi il fatto di ricevere questo dono diventa una "mazzata in testa". Il dono vorrebbe creare comunicazione e invece distrugge qualsiasi possibilità di comunicazione.
(Binswanger L., Tre forme di esistenza mancata, Bompiani)
La fiaba non può certo risolvere questo problema ma può essere in grado di disvelare dimensioni affettive che ci possano portare più vicini alla comprensione di noi stessi e dei nostri comportamenti in relazione agli altri.
Si rende pertanto essenziale operare le scelte giuste al momento giusto rispettando l'adeguatezza in ragione della situazione.
LE DATE DEGLI INCONTRI SARANNO COMUNICATE DI VOLTA IN VOLTA INSIEME AL TITOLO DELLA FIABA

False credenze


... "non è difficile accorgersi che le persone tendono a sopravvalutare il ruolo della razionalità cosciente. Tendono dunque a ritenere che - con alcune eccezioni - il comportamento umano sia eminentemente razionale; si illudono di sapere, come cosa naturale, che esiste una distinzione netta e riconoscibile fra gli atti intenzionali e quelli involontari; pensano che le principali scelte della vita debbano avere, e abbiano, carattere razionale e consapevole. Con ciò, sono anche convinti che ogni adulto normale sia in grado di dire veridicamente quali sono i motivi che lo hanno indotto a compiere un'azione qualsiasi. In rapporto a questo, credono di sapere che cosa significhi coscienza, poichè la coscienza sta alla base del proprio viversi come persone, e così tendono a pensare che questa coscienza sia semplice e unitaria; con ciò, ritengono che vi sia una differenza netta ed evidente fra le emozioni e passioni da un lato, e dall'altro l'autocoscienza e la ragione; e per motivi analoghi tendono a dare per ovvio che vi sia una differenza "forte" e categoriale fra l'intelligenza animale e quella umana. Come corollario, tendono spontaneamente a ritenere ovvio che senza il linguaggio non vi sia conoscenza, nè coscienza, nè vera intelligenza ... La ricerca psicologica moderna confuta il semplicismo e il carattere di autoinganno di queste credenze condivise; e in parte ci aiuta anche a capire come si sono formate".

Jervis G., Fondamenti di psicologia dinamica, Feltrinelli

La bicicletta di Ines


"Intrapresi un viaggio che si prospettò subito irto di difficoltà perché procedevo in senso inverso ad un flusso ininterrotto di camion, jeep e carri armati alleati che spesso mi buttavano fuori strada.
Fin da subito quella bicicletta mi diede un'impressione di solidità, dava sicuro affidamento. Per i più lunghi cinquanta chilometri della mia vita la bicicletta non mi tradì mai".

SEMINARIO: Il corpo e i suoi messaggi - Numero 2 all'interno del ciclo "Il corpo e i suoi messaggi"

In ogni forma morbosa, accanto ai fattori somatici, giocano un ruolo importante anche i fattori psicologici.
L’interconnessione tra un disturbo e la sua causa d’origine psichica si riallaccia alla visione olistica del corpo umano, all’interno della consapevolezza che corpo e mente sono strettamente legati tra loro.Laddove non c’è sufficiente capacità di rappresentarsi mentalmente e quindi di esprimere adeguatamente i propri stati emotivi, è il corpo, attraverso i sintomi, a farsi carico di “trovare le parole” per dirselo.

OBIETTIVO:
Il seminario ha come obiettivo di offrire degli strumenti di lettura dei sintomi somatici per arrivare a considerarli segni tangibili di ciò che non si vede, più che nemici da eliminare con qualche farmaco.

DESTINATARI:
Chiunque sia interessato a intraprendere una strada di ascolto del proprio corpo vissuto come parte integrante di sé e come fonte di conoscenza.


LUOGO: Via G. del Papa,88 - Empoli- Fi

DATA: Domenica 25 Ottobre 2009

ORE: 9,00


Link: Per informazioni e iscrizioni

Semplicità


E' forse utile un vaso di fiori sul davanzale della finestra? No, certo. Si può vivere anche senza. E' forse utile il merletto che mettiamo al centro della tavola, la fotografia di una persona cara che facciamo mettere in cornice e appendiamo a una parete ... No, naturalmente. Il tavolo sta in piedi anche senza il centrino ricamato in mezzo, la fotografia la vediamo lo stesso anche se non in cornice ...Si, è vero. Ma togliamo tutte queste cose, fiori, centrini, e altre frivolezze. Denudiamo le pareti di ogni quadro, le finestre di ogni tendina, i pavimenti anche del più piccolo tappeto. Dal nostro stesso vestire togliamo ogni nota personale, riduciamo tutto al puro essenziale, indispensabile. E allora ci accorgeremo di una cosa: non avremo raggiunto la semplicità, ma l'aridità. sono due cose diverse. Viaggiano per il mondo un infinito numero di persone che credono di essere semplici. In realtà sono aride. Esse credono di ottenere la semplicità riducendo tutto al puro necessario. Ma la semplicità è un'arte molto più difficile.
Vi sono case di poveri, case in cui perfino il pane è scarso, le vesti logore, il mobilio disuguale e cadente, ma in cui, appena si entra, si sente una calda aria di intimità. I poveri pochi oggetti sono disposti con grazia, uno straccetto colorato è cucito con amore ed è divenuto un paralume, e la stessa padrona di casa, sull'abitino che pure mostra gli anni, ha un'inezia, una spilla, una guarnizione colorata, che ravvivano tutto.
Vi è della povera gente, senza studi, vissuta sempre in oscuri paesini, che quando vi parla vi spiega le cose con una tale saggia chiarezza e bonarietà di parole, cioè con semplicità, che certi dotti cittadini con le loro scheletriche esposizioni non raggiungeranno mai. Perchè la semplicità non è una rinuncia a tutto il cosiddetto superfluo. Se fosse così, tutti potrebbero essere semplici. Invece, si è semplici, di natura, come si è poeti. Si è semplici quando si ha l'istinto per le piccole cose, i piccoli nulla, che ci sono utili - qui si voleva arrivare - non perchè abbelliscono materialmente, ma perchè ci aiutano moralmente a vivere, ci danno una personalità nostra, e quindi una forza, una fiducia, una serenità che traspaiono da noi stessi e da tutto quanto ci circonda.
Giorgio Scerbanenco, Il mestiere di uomo

Ritratti








“I miei lavori – dice Thorel – sono fotografie a memoria.
Tolgo tutti i dettagli naturalistici riconoscibili di un volto, ne elimino la forma;
quel che rimane è soltanto l’espressione, è ciò di cui mi ricordo, un’espressione priva degli strati superficiali del volto, separata e separabile dalla propria materialità e da ogni carattere somatico”.
“Paul Thorel – spiega Guido Costa nel testo critico che accompagna la mostra – lavora esclusivamente, e da sempre, in digitale.
Questa scelta gli permette un secondo livello di elaborazione, nata dalla composizione e scomposizione dell’immagine.
Proprio l’incrocio di queste due prospettive (quella squisitamente teorica, e quella pratica), avvicina i suoi ritratti più alla pittura che alla fotografia tradizionale, di regola meno sottoposta a manipolazioni così profonde e complesse, permettendogli un’elaborazione dell’immagine analoga per certi versi a quella operata con il pennello, con tanto di sovrapposizioni, velature e pentimenti.”

Associazione 'inPsico'

22 luglio 2009

Si costituisce a Siena la Associazione denominata 'InPsico - La psicodinamica nella societa' civile' il cui scopo e' quello di diffondere e promuovere i principi e la prassi della psicologia e psichiatria psicodinamica, e di cui il sitoinPsico@ gmail.com e' espressione.

Estratto dello Statuto dell’ "Associazione INPSICO - La Psicodinamica nella societa' civile"

SEDE
L’associazione avra' sede legale in SIENA.

Sara' altresi' possibile istituire sedi secondarie regionali e provinciali in Italia ed anche all’estero.

SCOPO

Obiettivo dell'associazione è:

Promuovere e salvaguardare il benessere psicologico della persona e della collettività attraverso attività di: ricerca, informazione, formazione, prevenzione, intervento.

Incoraggiare lo sviluppo e la crescita della persona, favorendo una sua integrazione all’interno dei diversi contesti di appartenenza e stimolando le possibilità e le capacità di scelta autonoma e consapevole.

Promuovere le condizioni affinché si favorisca l’esistenza di una rete sociale, finalizzata al miglioramento della qualità della vita.

Operare interventi di prevenzione primaria, secondaria e terziaria del disagio sociale - mentale in maniera particolare -, sostenendo la persona e la collettività nelle diverse fasi del ciclo vitale.

L’associazione intende per questo realizzare diverse iniziative ed in particolare:

Realizzare e promuovere progetti, incontri, dibattiti, presentazioni, conferenze, seminari, riunioni informative, azioni e campagne di sensibilizzazione, corsi e stages, workshop, di durata variabile, utili ai fini del raggiungimento degli scopi di informazione e prevenzione. Tali programmi sono rivolti all’individuo ed alla collettività, alle strutture pubbliche e private.

Realizzare e promuovere progetti, incontri, dibattiti, presentazioni, conferenze, seminari, gruppi di studio, corsi e stages, tirocini, workshop, training di formazione e aggiornamento, condotti da professionisti accreditati. Tali programmi consentiranno la promozione delle competenze, l’aggiornamento e la formazione continua per operatori dei settori di assistenza sociale e socio-sanitaria, istruzione e quanti altri non specificati, per il raggiungimento degli scopi di formazione e di prevenzione.

Realizzare e promuovere servizi psicologici psichiatrici e psicopedagogici di sostegno, consulenza, prevenzione, riabilitazione, intervento e cura a livello individuale, di coppia, familiare, di gruppo, diretti ad adulti e istituzioni sociali, enti pubblici e privati, volti alla promozione del benessere psico-fisico individuale e sociale.

Promuovere e realizzare attività di studio e ricerca in ambito bio-psico-sociale finalizzate ad ampliare le competenze per la prevenzione, il monitoraggio del disagio psichico in ogni sua forma e per promuovere il benessere psico-fisico.

Promuovere e realizzare attività di redazione, pubblicazione e diffusione di opere ed articoli divulgativi e scientifico-culturali, attraverso i principali mezzi di comunicazione propri o in collaborazione, che concorrano a informare e sviluppare la materia 'psicodinamica'.Collaborare con enti, associazioni, organizzazioni, istituti o altri organismi pubblici o privati con analoghe finalità.

Tutto ciò che conta

in quell'attimo tutto scompare e
compare ...
prospettive diverse ribaltano il senso.

Resta, solitario, il presente
- ci siamo -
ancora ... per ora

Tutto il resto tace,
sospeso tra un attimo e l'altro
L'essenziale.

Tutto ciò che conta o che
dovrebbe contare.
Nulla di altro esiste.

Seminario: "Il giardiniere dell'anima" Il raccolto

Data: Domenica 2 Agosto 2009
Ore: 9.00

Luogo: Via G. del Papa, 88

Siena, giornata della Salute Mentale

Il 10 Ottobre 2009 sara' la Giornata Mondiale della Salute Mentale.

Prepariamo l'arrivo di questo evento importantissimo proponendo iniziative finalizzate all'informazione sulla Salute Mentale.

Le piu' realizzabili saranno prese in considerazione per essere messe in pratica a qualsiasi livello sotto la coordinazione di chi l'ha ideata.

Luogo dell'evento: Siena

Giorno: 10 ottobre 2009


E' possibile proporre iniziative e collaborazioni.

Per ogni altra informazione e domanda e' anche possibile scrivere all'indirizzo email:fgiubbolini@gmail.com

La miseria non è l'ultima dea

"Una delle condizioni più misere delle epoche infelici non è rimpiangere vanamente la felicità, ma averla totalmente dimenticata".

Vitaliano Brancati

Un'immagine che mi è sempre rimasta impressa indelebilmente nella memoria, pur fortunatamente senza averla vista coi miei occhi, riguarda la liberazione dai campi di sterminio ...mucchietti di ossa, tenuti insieme dalla disperazione e dall'istinto di sopravvivenza, donne e uomini vivi per sbaglio, rimasti immobili nella assoluta impotenza, incapaci di rappresentarsi, prima che di percorrere, una via verso la libertà ... la riprova che l'essere umano si abitua a tutto, anche alla disumanità ed è solo allora che un progetto di sterminio trionfa definitivamente ... ogni tanto questa immagine compare di fronte al mio occhio ...ogni qual volta mi sembra che la disumanità, nelle sue forme più varie, trionfi sull'umanità, il cui tratto distintivo, tra altri, è proprio la speranza ... non tanto il dolore, per quanto atroce, è spaventoso, quanto la percezione del medesimo come immutabile e normale, perchè non lo è affatto.

La sottile grazia del corallo

" ... la mia operazione è stata, il più delle volte una sottrazione di peso; ho cercato di togliere peso ora alle figure umane, ora ai corpi celesti, ora alle città; soprattutto ho cercato di togliere peso alla struttura del racconto e al linguaggio... forse stavo scoprendo solo allora la pesantezza, l'inerzia, l'opacità del mondo ... in certi momenti mi sembrava che il mondo stesse diventando tutto di pietra ... [Nel mito] la pesantezza della pietra può essere rovesciata nel suo contrario; con un colpo di zoccolo sul Monte Elicona, Pegaso fa scaturire la fonte da cui bevono le Muse... è sempre in un rifiuto della visione diretta che sta la forza [della leggerezza], ma non in un rifiuto della realtà del mondo di mostri in cui è toccato di vivere, una realtà [da portare] come proprio fardello... Ovidio ha dei versi (IV, 740-752) straordinari per spiegare quanta delicatezza d'animo sia necessaria per essere un Perseo vincitore di mostri: "Perchè la ruvida sabbia non sciupi la testa anguicrinita egli rende soffice il terreno con uno strato di foglie, vi stende sopra dei ramoscelli nati sott'acqua e vi depone la testa di Medusa a faccia in giù"... Ma come possiamo sperare di salvarci in ciò che è più fragile? ... "il tenue bagliore strofinato/laggiù non era quello di un fiammifero"... "L'insostenibile leggerezza dell'essere" è in realtà un'amara constatazione dell'Ineluttabile Pesantezza del Vivere ... il peso del vivere per Kundera sta in ogni forma di costrizione: la fitta rete di costrizioni pubbliche e private che finisce per avvolgere ogni esistenza con nodi sempre più stretti. Il suo romanzo ci dimostra come nella vita tutto quello che scegliamo e apprezziamo come leggero non tarda a rivelare il proprio peso insostenibile. Forse solo la vivacità e la mobilità dell'intelligenza sfuggono a questa condanna ... voglio dire che devo cambiare il mio approccio, devo guardare il mondo con un'altra ottica, un'altra logica, altri metodi di conoscenza e di verifica ... Esiste una leggerezza della pensosità, così come esiste una leggerezza della frivolezza; anzi, la leggerezza pensosa può far apparire la frivolezza come pesante e opaca ... la gravità contiene il segreto della leggerezza, mentre quella che molti credono essere la vitalità dei tempi, rumorosa, aggressiva, scalpitante e rombante, appartiene al regno della morte, come un cimitero ... la leggerezza si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l'abbandono al caso ... [leggerezza come] melanconia e ironia, la melanconia è la tristezza che diventa leggera così lo humour è il comico che ha perso la pesantezza corporea e mette in dubbio l'io e il mondo e tutta la rete di relazioni che li costituiscono ... [e in Shakespeare] " ... è la mia peculiare malinconia composta da elementi diversi quintessenza di varie sostanze, e più precisamente di tante differenti esperienze di viaggi durante i quali quel perpetuo ruminare mi ha sprofondato in una capricciosissima tristezza" ... Leopardi, nel suo ininterrotto ragionamento sull'insostenibile peso del vivere, dà alla felicità irraggiungibile immagini di leggerezza: gli uccelli, una voce femminile che canta da una finestra, la trasparenza dell'aria, e soprattutto la luna. La luna appena s'affaccia nei versi dei poeti, ha avuto sempre il potere di comunicare una sensazione di levità, di sospensione, di silenzioso e calmo incantesimo... il miracolo di Leopardi è stato di togliere al linguaggio ogni peso fino a farlo assomigliare alla luce lunare... avevo parlato dello sciamano e dell'eroe delle fiabe, della privazione sofferta che si trasforma in leggerezza e permette di volare nel regno in cui ogni mancanza sarà magicamente risarcita. Avevo parlato delle streghe che volavano su umili arnesi domestici come può essere un secchio...così a cavallo del nostro secchio [vuoto, perchè se così non fosse non permetterebbe di volare], ci affacceremo al [futuro], senza sperare di trovarvi nulla di più di quello che saremo capaci di portarvi. La leggerezza, per esempio ...".

Italo Calvino, Lezioni americane, Mondadori

Vita,dolcezza,speranza nostra

perchè "la felicità è la tristezza che fa le capriole ...
pensieri che svuotano
pensieri senza peso
pensieri di autentica felicità".

Ciò che di me sapeste

Ciò che di me sapeste
non fu che la scialbatura,
la tonaca che riveste
la nostra umana ventura.

Ed era forse oltre il telo
l’azzurro tranquillo;
vietava il limpido cielo
solo un sigillo.

O vero c’era il falòtico
mutarsi della mia vita,
lo schiudersi d’un’ignita
zolla che mai vedrò.

Restò così questa scorza
la vera mia sostanza;
il fuoco che non si smorza
per me si chiamò: l’ignoranza.

Se un’ombra scorgeste, non è
un’ombra – ma quella sono io.
Potessi spiccarla da me,
offrirvela in dono.
(Montale E., Ossi di Seppia, 1920-27)

L'assertività

L’Analisi Transazionale trattata nella lezione del 13 luglio scorso è l’estrema sintesi di studi più complessi e dettagliati, affrontati da diversi autori nel corso degli anni.
A questo proposito ho pensato di citare , come approfondimento, un intero capitolo, tratto dal libro di Roberto Anchisi e Mia Gambetto Dessy, Non solo comunicare. Teoria e pratica del comportamento assertivo,Cortina, di cui consiglio la lettura per esteso a tutti quelli che fossero interessati .

L’assertività è la caratteristica di chi realizza se stesso, manifestando le proprie doti e le proprie esigenze nel contesto sociale.
“Assertività” deriva dal latino “asserire” e dall’italiano “asserire”. Il verbo fu già utilizzato dal Guicciardini (1540) con il significato di affermare, sostenere con vigore. L’aggettivo compare per la prima volta nell’Instrumento della Filosofia Naturale del Piccolomini (1576); si trova anche in Giordano Bruno (1584-85) e in Galilei (1962).
In psicologia il termine viene ripreso dall’inglese “assertiveness” e tradotto con varie espressioni come “efficacia personale”, “efficienza”, “affermatività”. Noi abbiamo preferito il termine “assertività”, che lo Zingarelli (1986) definisce come la qualità di chi è in grado di far valere le proprie opinioni e i propri diritti pur rispettando quelli degli altri.
Altre espressioni che si riferiscono all’assertività sono “abilità sociale” e “competenza sociale”.
Visivamente, l’assertività corrisponde al punto di mezzo di un segmento ideale ai cui estremi si pongono la passività e l’aggressività.

Il massimo: non raggiungere la coscienza di se stessi attraverso la collera e l’aggressività, e nemmeno umiliandosi ecc., ma con calma; lo scopo: coscienza di se stesso nella calma.

Il concetto di assertività

L’assertività è una struttura concettuale di natura funzionalistica, finalizzata alla razionalizzazione della condotta con se stessi e verso gli altri. Ricerca le norme più semplici e più efficaci in vista di obiettivi caratterizzati dalla massima con divisibilità e accettabilità, come se fossero il massimo comune denominatore di tutte le persone.
E’ una forma etica, il cui dominio dei valori è rappresentato dall’interpersonalità e non dal trascendente o dall’ideale: l’essenza dell’assertività ricorda piuttosto la trascendentalità kantiana. segue>>

Identità professionale: dal ruolo che ho al ruolo che sento di avere

ATTI DEL CORSO DI FORMAZIONE ECM PER INFERMIERI
A cura di: Flavia Centurrino - Francesca Mancini


Il concetto di identità


Parlare di identità professionale obbliga a parlare, prima, di identità personale.

Il tema è ampio e, per poter fare chiarezza, è necessario definire che cosa vogliamo intendere per identità perché, altrimenti, il rischio che si corre è quello di confondere termini che solo all’apparenza possono sembrare sinonimi quando, in realtà, non lo sono e questo è già fuorviante.

Allora, per identità si intende un modo di essere di un individuo che sia definito rispetto agli altri individui e che sia lineare nell’affrontare le normali o traumatiche modificazioni della vita.

Ciò significa che un individuo sano non si è arrestato nel proprio processo di crescita all’identificazione con il padre o la madre ma, superandola, ha realizzato un modo di essere unico, libero e incline alla flessibilità. segue>>

Seminario:" Il giardiniera dell'anima" Il raccolto


Data da definire

Luogo: Via G. del Papa, 88

Il mistero uomo-donna ovvero delle relazioni d'amore

La buona riuscita delle relazioni è indissolubilmente legata all’identità di ognuno. Spesso si sente parlare di identità di genere piuttosto che di identità tout court.
Vedendo persone o addirittura coppie che, malgrado stiano insieme da anni, trovano difficoltà a dirsi quelle cose che magari i bambini piccoli si scambiano costantemente mentre giocano - abilità che si va evidentemente a perdere nel tempo - cerchiamo di capire dove e quando sorge quella prima crepa che allontana. Quella crepa diventa piano piano una fenditura, una spaccatura, una voragine.
Proviamo ad addentrarci in quella fenditura e cerchiamo un contatto con le ferite, il dolore e le false credenze che fanno sì che le aspettative reciproche poco abbiano a che fare con le donne e con gli uomini in carne e ossa, con il marito o con la moglie, fidanzata/o … amica/o …
Questa premessa di ordine generale si va a situare in un tessuto sociale, il nostro, in cui l’analisi dell’identità più o meno di genere dà adito a tracciare profili in cui d’identità ce n’è davvero poca.
Ma che cosa è l’identità, secondo la psicologia?
Con questo termine si intende l’identità personale, ossia il senso del proprio essere continuo attraverso il tempo, e distinto, come entità, da tutte le altre.
Perché abbiamo titolato mistero?
Perché parlare di uomo-donna significa parlare di relazioni ossia di sessualità, e la sessualità è mistero “quell’oscuro oggetto del desiderio” che può essere estremamente “bello”, se con esso vado a cogliere quel senso del misterioso che l’amore implica.
Ma, se per mistero, intendiamo un fenomeno che non comprendiamo e che pertanto ci rende confusi, allora è necessario andare più a fondo nella questione.
Parlare di sessualità significa parlare di un aspetto del comportamento umano che purtroppo, nonostante il grande interesse, è ancora un fenomeno poco conosciuto e uno tra quei fenomeni che l’uomo vive in modo più disarmonico e faticoso. Infatti, anche se la sessualità è naturalmente volta al piacere e alla gioia, è molto spesso fonte di angoscia, infelicità e patologia.
In primo luogo ciò accade perché spesso la si dà per scontata, o c’è o non c’è, e invece non si pensa mai ad essa come ad un aspetto, forse quello più significativo, di una relazione che si va di volta in volta a costruire insieme, trasformando via via i vissuti in vissuti diversi.
Si tratta di realizzare un’armonia fra l’aspetto fisico, emotivo, mentale e spirituale. E’ l’espressione di una forza di attrazione e fusione di due poli che producono un’energia, quella dell’eros.
A questo punto cominciamo a scendere nella spaccatura che separa gli uni dagli altri; gli uomini dalle donne … la spaccatura comincia ad aprirsi per essere, poi, sempre più profonda e larga nel momento in cui i reciproci stereotipi si infrangono nella “rocciosa”realtà.
Le bambine e i bambini da piccoli ascoltano le novelle in cui Cenerentola riscatta le umiliazioni di tutta la vita, le angherie delle sorellastre e della matrigna quando il Principe Azzurro - necessariamente bello, biondo e ricco - folgorato dall’avvenenza di lei – necessariamente bella, bionda e docile – la chiederà in moglie con finale “e vissero sempre felici e contenti” – finale peraltro statico perché non prevede la relazione, la trasformazione, insomma il senso dello stare insieme . Anche Biancaneve risusciterà/rinascerà dalla morte, avvenuta a seguito dell’avvelenamento della matrigna - necessariamente cattiva - per il Bacio del Principe. Potrebbero seguire molti altri esempi ricchi di stereotipi, ma quello che ci interessa è sottolineare quanta discrepanza ci possa essere tra lo stereotipo e la realtà e quanto dolore ci possa essere quando La bella addormentata è costretta a svegliarsi.
Le bambine crescono nell’attesa del Principe Azzurro – le donne moderne che ci vogliono rinunciare pagano, diventando Amazzoni solitarie – e il bambino cresce sapendo di dover essere il Principe Azzurro, ossia di dover soddisfare tutte le aspettative della fanciulla che avvicinerà.
Così, la fanciulla va incontro alla delusione e il fanciullo all’ansia da prestazione.
Ora passiamo dal mito ai nostri giorni e vediamo come questo discorso generico possa calarsi negli uomini e nelle donne del 2009.
Troviamo una donna che, dopo aver preso coscienza delle angherie subite, perché nata in una società patriarcale che l’ha relegata in una posizione subalterna, ha tentato di trovare la sua identità in questo cammino, sempre difficile, ha dimostrato di avere tutte le caratteristiche per pretendere la pari dignità, e, anche se il cammino è ancora molto lungo per un discorso di parità di diritti in tutto il mondo, sicuramente ha saputo farsi “prendere in considerazione”, nonostante si tenti continuamente di svalutarla e tali tentativi vengano anche proprio da chi dice di amarla.
Gli uomini molto a loro agio a baciare Biancaneve mezza addormentata oppure a riportare la scarpina necessariamente piccola, perché un piede grande non è abbastanza erotico! – e qui scatta anche lo stereotipo del bello e del brutto – a Cenerentola, hanno perso piano piano la loro sicurezza, quando si sono accorti che quella che stavano baciando era un essere umano uguale a loro; percezione che non hanno avuta così netta, hanno solo sentito che qualcosa non andava nel momento in cui lei ha cominciato ad avanzare delle richieste/pretese …
Anche gli inflazionatissimi termini, tuttora molto adottati, rafforzano gli stereotipi. “Maschietto” e “femminuccia”, infatti, la dicono lunga… Lui sembra il Pierino di “Pierino e il lupo” che fischietta allegro, scanzonato e sicuro, mentre la femminuccia … è una debole donna inadeguata …
La diversità di genere è una gran bella cosa ma sentire gli uomini autodefinirsi a tutte le età maschietti, è veramente una picconata all’identità maschile.
Il maschio oggi appare impotente, narciso, irresponsabile, effemminato, noioso, muto, giocherellone, buono a nulla, mammone, in balia di quella “folle” che lo vuole portare … in posti strani come le sale da ballo, le conferenze, i cinema, in giro … mentre vegeta beato davanti alla televisione o naviga virtualmente o gioca con gli altri maschietti, così tanto allegri quando sono in gruppo.
La femmina appare come un “generale di corpo d’armata”, tanto impaurita di incarnare il modello di sua madre, da cadere vittima del suo contrario, inevitabilmente frustrante le attitudini dell’essere donna che, da un lato, nega accanitamente e, dall’altro emergono sempre più prepotenti aumentandone la fragilità.
Agli occhi degli uomini tutto questo vissuto appare minaccioso, aggressivo, destabilizzante pechè fortemente contraddittorio: dietro l’armatura ci sta, infatti, un’ inesauribile richiesta di attenzione e di rassicurazione che risulta asfissiante per se stessi e per gli altri, proprio nella misura in cui viene negata.
Il risultato è quel “cappio intorno al collo” che tanti uomini avvertono seppure nascosto dietro comportamenti che oggi va di moda definire “free”.
Chi ha ragione?
Dobbiamo uscire dalla logica del torto e della ragione, facile ma inutile, per entrare in una dimensione più complessa che ci riporta al concetto di diversità.
La sessualità è l’espressione di una forza di attrazione di due poli, quello maschile e quello femminile, che si manifestano in modi diversi.
Ognuno si cali nell’abisso che ha davanti a sé e scopra, riveda, lecchi, curi le proprie ferite, ne prenda atto e le superi tornando in superficie.
Solo dopo questa cura amorevole e accettazione di ciò che è stato e dopo aver recuperato un’identità sana, ripescata e portata integra in superficie, sarà pronto per una relazione (d’amore) adulta.
Quando l’incontro tra le persone è la felice espressione di più livelli, emotivo, fisico, mentale e spirituale, c’è la sensazione di pienezza e completezza, come se fosse offerta la possibilità, a ciascuno dei partners, di estendere la propria esperienza in quella dell’altro.
La strada non è facile ma la conquista di questa armonia è possibile; in che modo?
Cosa chiede Lei quando è inquieta?
Chiede di potersi esprimere liberamente: uno spazio da creare insieme in cui sentirsi accettata per com’è e per come sarà diventata dopo l’esperienza della condivisione.
Cosa fa Lui quando Lei è inquieta?
Offre soluzioni per risolvere il problema prima possibile, perché quell’inquietudine potenzialmente creativa è per Lui un problema ovvero ciò che perturba la sua tranquillità.
Cosa sente Lui di fronte alle inquietudini di Lei?
Ha paura di perdere l’equilibrio; è a disagio perché non conosce quel linguaggio; non sa cosa fare perché crede di dover fare qualcosa.
Cosa vuole Lei?
Essere ascoltata da un uomo “forte”, non da un maschietto; forte ossia che sappia stare con Lei nell’emozione, pacatamente, affettivamente, empaticamente.
E’ talmente facile da essere difficile. Perché?
Perché un uomo che sa fare questo è un uomo che ha una sua identità, che non ha paura di intraprendere il viaggio con qualcun’ altra, affidandosi ad essa perché capace di rifiutare, qualora gli venga proposto qualcosa che non è intenzionato a fare. La paura di iniziare qualsiasi cosa, senza averne il controllo, è legata a quanta capacità ognuno ha di rispettarsi, cioè di sottrarsi nel caso in cui il viaggio prenda una direzione che non sente in alcun modo appartenergli. Tale capacità rende liberi di poter accettare l’altro con tutte le sue diversità.
Cosa vuole Lui?
Essere amato per quello che è; lo ha già castrato abbondantemente sua madre! … vuole essere considerato importante …
Come facciamo, allora, a mantenere integra la bellezza dell’altro? Non la si può toccare, come i fiori, né, tantomeno, la si può correggere, eventualmente la si può integrare.
Molte religioni hanno mortificato la parola “sesso”. Nella spiritualità orientale, l’amore sessuale è una meta meravigliosa e piena di speranza per l’affermazione della vita: è l’essenza e il fine reale dell’essere.
Siamo arrivati al dunque: il mistero delle relazioni d’amore. La relazione è una gabbia, una prigione, un gioco di potere, un legame o è acqua trasparente dove vedere coralli e città straordinarie?
A noi l’ardua sentenza.

Psicoterapia Dinamica di Gruppo

Poiché il setting psicoterapico non dovrebbe mai essere scisso rispetto alla vita stessa del paziente e del terapeuta, la psicoterapia di gruppo offre maggiori potenzialità nel rappresentare la realtà così come la si può trovare nel mondo esterno.

La condizione “isolata” del setting individuale, meno realistica, può, in alcune occasioni e per alcuni pazienti che hanno raggiunto un buon livello di integrazione dell’Io, diventare limitativa perché troppo rassicurante e poco adattabile alla più complessa realtà in cui si trovano a vivere.

Il confronto con l’altro da sé, che non sia il terapeuta, attiva dinamiche interne alla persona, che si riferiscono al suo presente e passato, dandole così la possibilità di sperimentare più affetti contemporaneamente e in tempi più brevi.

Ricercare un’adeguatezza affettiva al setting di gruppo significa per il paziente diventare adulto e ciò, per certi versi, corrisponde ad essere sano.

Inoltre l’analisi di gruppo può diventare l’occasione per ricercare un “di più” nelle relazioni, attraverso la conoscenza di sé e dell’altro che diventa contemporaneamente il tramite e la meta della ricerca stessa.

Mosse dal desiderio, più che dal bisogno, le persone scelgono ogni volta di far parte di un contesto in cui si promuove la responsabilità delle presenza a se stessi e agli altri.

Link: Psicoterapia Dinamica di Gruppo

... e un odore intenso di rose e di viole pervase la stanza ...

L'idealizzazione è un meccanismo di difesa mediante il quale la persona costruisce immagini del Sè, di oggetti ed eventi esterni irrealistiche, totalmente positive e onnipotenti.
Tale meccanismo svolge la funzione di proteggere l'individuo dal mondo esterno, considerato pericoloso e conseguentemente di alimentare la propria sicurezza narcisistica.

Il manierismo

è uno stile di comportament, che investe la mimica, il contegno, l'eloquio, la scrittura, caratterizzato da tratti di artificiosità che non lasciano trasparire spontaneità e immediatezza. L. Binswanger annovera il manierismo tra le forme di esistenza mancata accanto alla fissazione e alla stramberia, e lo definisce "uno stile di vita dove il soggetto segue ora questo ora quell'altro modello offertogli dagli altri, adottando le maniere ora di questo "mondo" ora di un altro. Al posto di una vera e propria maturazione della propria ipseità, si presenta un rispecchiamento di se stesso nello specchio dell'uno o dell'altro "mondo" (1956, p.151). Adottando la distinzione heideggeriana tra essere autentico ed essere inautentico che si esprime nei modelli collettivi del Si impersonale, Binswanger ritiene che il manierato non sia in grado di vivere il proprio "esser-ci" nell'autenticità della sua concreta situazione biografica, ma sia costretto ad assumere un generico "esser-si" che, come una maschera, supplisce alla mancanza di un volto proprio: "Il rispecchiamento di sè attraverso l'adozione di un ruolo o di una maschera tolta dalla pubblicità del Si, oppure, ma è lo stesso, di un ruolo o di una maschera nel senso del polivalente esser-Si" (1956, p.242). Il manierismo si manifesta nella schizofrenia e in particolare nelle forme ebefreniche e catatoniche come sforzo estremo di mantenere un rapporto interpersonale attraverso l'adozione di un linguaggio e di un comportamento che tuttavia tradiscono la mancanza di un sè autentico e unitario.
Galimberi U., Enciclopedia di psicologia (1999), Garzanti

Ossa

Parole,
mai sentite pronunciare prima d'ora,
suonano di stupore all'orecchio inesperto,
rimbombano forte nel cuore
che si dilata
tanto
da non saper che dire, che fare, come stare.
E' difficile anche non fare niente, non dire niente
può sembrare poco.
Essenziale per scoprirsi
conoscersi
riconoscere.

Due cuori e una capanna

Domenica 17 Maggio 2009 Il seminario "La potatura" si terrà in Via Giuseppe del Papa, 88 alle ore 10.00

Sul perduto Amore

Lui era già morto quando lo incontrai, mentre io, appena nata, dovevo ancora provare che cosa significasse morire. Poi, arrivò la morte, anche per me. Una morte che apparentemente lascia intatti ma che, togliendo il senso dell'esistenza stessa, toglie tutto. Il senso di estraneità sostituisce tuti gli altri sensi, quelli che hanno il sapore della presenza.
Ascoltare il cuore battere nel torace e sapere che è mera meccanica e che in nessun modo corrisponde a palpiti di desiderio, diventa l'unica, atroce, attività.
Non resta che scimmiottare gli atteggiamenti di quell'Amore perduto, così vivo solo nella memoria, erosa, più che dal tempo che passa, dal vuoto che resta.
Quell'Amore perduto che, quando c'era, rendeva beatamente persi e che, una volta perso, rende persi tristemente.
Lo si cerca fuori da Sè, mentre, se c'è una speranza di ritrovarLo, è in Noi che dovremmo cercare.
Tutta la vita per un attimo di vita.
Il sublime non starà mai più, dopo quella Volta, nell'avere quell'Amore ma nel ricercarLo con determinazione in ogni remoto anfratto e nel donarLo, anzichè toglierLo, a Creature appena nate.
Con Amore

Si muore per amore?

Resuscitare i morti- di questo si tratta?
Dare movimento alla staticità, recuperare lo spessore come dimensione necessaria per la solidità dell'esser-ci. Ma esiste una cura per la superficialità? E' la superficialità una patologia o magari il frutto della patologia o una condizione dell'essere riconducibile ad una sanità mentale, che per quanto sana, resta comunque povera, figura piana priva di spessore, orba perchè incapace di vederne? Quando guardiamo nella stessa direzione - e sembrerebbe il massimo che potremmo augurarci nella vita - vediamo le stesse cose? Fino a quale punto siamo in grado di spingerci? Perchè allora, paradossalmente, la malattia diventa "il rifugium peccatorum", il luogo delle giustificazioni e delle false speranze. Un malato si può sempre curare, un povero di spirito può arricchirsi e arricchire? La malattia mentale coarta, ottunde la mente, rende, prima di tutto, indifferenti, appunto poveri di spirito; ma tutti quelli poveri di spirito sono malati? Siamo tutti capaci di riconoscere allo stesso modo un'opera d'arte, di apprezzarla, per non parlare dell'esserne artefici? Non credo. A quel punto siamo costretti a fare i conti con il materialismo altrui che toglie il respiro da quanto è pesante e ottuso.
"Che non si muore per amore, è una gran bella verità ...", ma si muore nella stupidità, la più alta forma di disamore.

Itaca

"Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sara` questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
ne' nell'irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l'anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d'estate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d'ogni sorta;
piu' profumi inebrianti che puoi,
va in molte citta` egizie
impara una quantita` di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca -
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull'isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos'altro ti aspetti?
E se la trovi povera,
non per questo Itaca ti avra` deluso.
Fatto ormai savio,
con tutta la tua esperienza addosso
gia` tu avrai capito cio` che Itaca vuole significare."

(Kafavis)

Il senso di una ricerca

Sii paziente verso tutto ciò che è irrisolto nel tuo cuore e...
cerca di amare le domande,
che sono simili a stanze chiuse a chiave e a libri scritti in una lingua straniera.
Non cercare ora le risposte
che possono esserti date
poichè non saresti capace
di convivere con esse.
E il punto è vivere ogni cosa.
Vivere le domande ora.
Forse ti sarà dato, senza che tu te ne accorga,
di vivere fino al lontano giorno in cui avrai la risposta.
R.M. Rilke

Anoressia nervosa

L’etichetta anoressia nervosa può essere fuorviante in quanto la prima parola della locuzione implica che il problema centrale è la perdita dell’appetito. Ciò che sul piano diagnostico caratterizza l’anoressia nervosa è una ricerca fanatica della magrezza correlata a un’opprimente paura di ingrassare.
L’amenorrea è un tratto preminente dell’anoressia nervosa nelle donne. Continua >>

Seminario: Il giardiniere dell'anima: La potatura

Potare è un atto necessario affinchè la pianta possa vivere e germogliare. Affinchè l'identità di ognuno possa esprimersi e abbellirsi di realizzazioni, obbligatorio diventa separarsi da rami ormai secchi che, non solo non potrebbero tingersi di nuovo di Verde nè tantomeno sostenere fiori e frutti, ma che, con la loro presenza, finirebbero addirittura per ammorbare l'intera pianta.

Le separazioni nella vita sono imprescindibili dalla vita stessa che inizia proprio con una prima separazione: quella dal grembo materno, da quel liquido caldo che avvolge tutti e che lascia liberi di fluttuare nel buio. Arriva, subito dopo, l'aria, il freddo, la luce, i rumori e tutto il corpo deve adattarsi immediatamente alla nuova condizione. "Tutto quello che non è immediato è sprecato", lo dice Baudelaire ; tante volte non è possibile, pena l'esistenza stessa, rimandare.

La mancata separazione, come una gestazione portata avanti troppo a lungo, diventa mortale. Così il feto muore nel grembo materno, un amore finisce nell'incapacità di lasciarlo andare, un figlio non diventa adulto, ma non per questo sfugge alla morte, bensì muore bambino. Essere adeguati alla propria età anagrafica è l'unico modo per mantenere integro il bambino che è in ogni persona. Attaccate con le unghie e con i denti a condizioni che, per quanto belle, sono vecchie, le persone si ritrovano agonizzanti.


"Noi quando amiamo abbiamo solo questo da offrire: separarsi; perchè trattenerci è facile e non è l'arte da imparare".

R. M. Rilke "A un'amica"

A questo sarà dedicato il seminario


LUOGO: Capannoli - PI - Loc. Solaia Costia di Sole

ORA E DATA: Domenica 17 Maggio 2009 - Ore 10:00


Per iscrizioni: Seminario La Potatura - "Il giardiniere dell'anima"

Anime salve


Un'opera d'arte

voglio respirare la mia poesia

Bea

Poesia Politica Psicoterapia



L’amore non si racconta, l’amore si fa per cui fare una sintesi bella, chiara, semplice, utile solo a soddisfare le brame di certezza, di comprensione e di rassicurazione, toglie valore all’esperienza affettiva. Chi è interessato può, soltanto, provare a lasciarsi andare; può provare a fidarsi e ad affidarsi … e “cantare” “come non sanno cantare che i sogni nel cuore che cantano forte e non fanno rumore”. Altrimenti potremmo compiere solo un’ operazione intellettuale, pertanto, riduttiva che ci porterebbe nella direzione esattamente contraria a quella dove desideriamo andare. Cominciamo subito a esercitare il diritto alla liberta di scegliere di non dare spiegazioni a chi vuol saperne di più per esercitare il controllo sull’altro. Poi, solo dopo esserci stati, sarà possibile esercitare il diritto di scegliere il si o il no, e andrà bene comunque.

Risvegli

Stefano

La via dell'Abbandono








Ancora perle


in fondo al mare riuscivamo a respirare e a godere dell'acqua trasparente cangiante che ci avvolgeva restituendoci leggerezza e morbidezza. Animate bollicine guidavano il nostro sguardo fino in superficie e l'entusiasmo della scoperta ci contagiava. Ogni colore una città diversa ... il rosso dei coralli mi rapì fino a che una voce, quella voce ... vieni a vedere che meraviglia ... la madreperla ... era Venezia ... il bianco mi entrò dentro e mi vestii di bianco come quel giorno ... perchè non usare le cose belle che abbiamo e tutte insieme ci avviammo per andare a incontrare la diversità.

La cura è:

"...non praticare l'arte di scopare la polvere sotto il letto...."

Saltare i fossi con abiti rossi

"Aveva gli occhi come un pettirosso/era una donna di undici anni e mezzo - recita il testo - si alzò la gonna per saltare il fosso/aveva addosso un vestitino rosso. Mentre passava in mezzo a quel giardino/di settant'anni incontrò un bambino/voleva ancora afferrare tutto/e non sapeva cos'é bello e cos'é brutto/e l'afferrò con cattiveria/lei si trovò le gambe in aria/lui che cercava cosa fare/c'era paura e c'era male". Il testo prosegue così: "E il male lo afferrò proprio nel cuore/come succede con il primo amore/e lei allora lo prese tra le braccia/con le manine gli accarezzò la faccia/così per sempre si addormentò per riposare/come un bambino stanco di giocare".

Il caso-pettirosso è noto: il brano racconta di una bambina di 11 anni che subisce un tentativo di stupro da parte di un uomo di settanta. La violenza non viene consumata fino in fondo solo perché l’anziano muore di infarto nel tentativo. A questo punto, il corpo senza vita del vecchio suscita, ed è questo l’aspetto più controverso, la pietà della bambina che ne accarezza il volto, descritto come quello di “un bambino stanco di giocare”.
«Cominciamo a dire una cosa: io credo nelle domande, non nelle risposte» dice Paoli al conduttore che gli chiede di spiegare il brano incriminato «un uomo decente deve porsi delle domande, e di solito si risponde con altre domande. Quelli con le risposte in tasca, nella mia esperienza spesso sono dei poco di buono. Per questo io coltivo i dubbi, non le certezze».
Una cosa però, il cantautore ci tiene a chiarirla in fretta: «Non so perché si è parlato di “perdonare” i pedofili. Io nella canzone non parlo mai di perdono». E dopo aver letto tutto il testo a titolo di conferma, prosegue: «Quello di cui si parla qui è la pietà. Io ho pietà per i vinti. Anche per quelli che hanno fatto le cose peggiori: quando uno è a terra io non lo prendo a calci in faccia. Fa parte della mia natura. Forse è questo che ha provato la bambina del “Pettirosso”, la pietas che a noi riesce così difficile».
Sul fatto che la pedofilia sia un crimine dei più odiosi, Paoli si dichiara d’accordo: «Il vecchio della canzone è chiaramente un matto, ma cosa dobbiamo fare dei matti? C’è anche in loro un’umanità che va capita: non per giustificare o per perdonare. Si fa in fretta a condannare senza capire, ma capire serve a evitare che certe cose si ripetano». Ma perché proprio la pedofilia, fra i tanti possibili comportamenti devianti? «La pietà si cerca dove ce n’è bisogno, dove è più difficile averne. La pietà “facile” è falsa, è retorica. Questo clamore sveglierà un sacco di gente, il che è giusto. Come artista di fama, so di avere un faro puntato addosso tutto il tempo e faccio del mio meglio per portarlo dove mi sembra giusto».
L’autore poi rispedisce gli attacchi al mittente, senza mezzi termini: «Le emozioni sono filtrate dalla sensibilità individuale, chi ha una sensibilità sporca svilupperà una risposta emotiva sporca, chi si sente pulito, le vivrà come emozioni pulite». In ultima analisi, conclude Paoli, si tratta di capire che «chi ha buon senso ha sicuramente dato il significato giusto alla canzone, e di chi non ne ha, non me ne frega niente».
Riporto parte del testo della canzone del Signor Paoli e le sue argomentazioni rispetto al testo che ha scritto. I nuclei centrali del suo discorso sembrano essere la pietas della bambina , per quanto riguarda il testo, e, più in generale, di tutti noi nei confronti di vecchi “pazzi-bambini-innocenti che giocano e contemporaneamente cattivi”. Già Freud aveva paragonato il pazzo al bambino e al selvaggio e chiaramente a rimetterci erano e sono sicuramente i bambini e i selvaggi perché per come la vedo io, né gli uni né gli altri, hanno niente a che vedere con la pazzia, anzi sono la testimonianza vivente che esiste la sanità mentale e che da questa tutti noi veniamo.
Ignorare cosa è bene e cosa è male è una condizione di totale anaffettività che non ha a che fare con il rispetto di regole esterne, con la morale laica o religiosa che sia, ma con la capacità di empatia ovvero tenere in considerazione ciò che sente l’altro, senza la qual cosa ogni atto, ogni parola, anche la più “casta” diventa violenta.
Sono anch’io dell’idea che si debba comprendere, cosa che, comunque, non significa giustificare; ma per poter comprendere occorre conoscere e tener conto di tutte le psicologie e di approfondirle per poterle rispettare, a maggior ragione quando abbiamo a che fare con un argomento tanto delicato come la pedofilia. E’ giusto parlarne, farsi domande, farci arte ma non in maniera grossolana perché l’approssimazione diventa superficialità e aggiunge violenza alla violenza. Potremmo chiederci se i pedofili sono malati o delinquenti, se, nel caso si stabilisca che siano affetti da una grave psicopatologia, possa esistere una cura, potremmo chiederci come potremmo mettere in atto questa cura, come dare delle informazioni corrette alle madri e ai padri e agli stessi figli e magari scriverci canzoni di buon senso, cioè che esprimano una sensibilità sana.
Ciò che mi sembra improbabile è che una bambina violentata possa accarezzare colui che l’ha spaventata, privata della sua fiducia verso gli altri, bloccata nella sua crescita per cui non solo a 11 anni non è una donna ma il rischio è che questa maturità sessuale, che non è solo biologica, non la raggiunga mai. Innocenza non significa stupidità, anzi è la forma più pura di intelligenza perché priva di pregiudizi; la bambina ingenua e innocente è in grado di sentire la violenza di un gesto inconsueto, raggelante, mortale. Mi è difficile credere che una bambina potrebbe muoversi in una direzione assolutamente contrapposta a ciò che sente. Il finale per quella canzone potrebbe essere un grido di dolore e di speranza perché quando ci fanno del male bisogna gridare, ribellarci, mordere, tirar calci, non lasciare che la paura ci immobilizzi e paralizzi le nostre lingue – anni e anni di silenzio prima che quel grido possa uscire per sempre per tornare alla libertà di “saltare fossi con abiti rossi” senza paura e senza vergogna.
Francesca Mancini

Dettato



quando qualcuno con dedizione perizia e generosità si interessa a chi sei a che fai e che dici in quel momento si genera l'interrogativo sul prima su quanto dura potesse essere quando quasi sempre le uniche parole erano le proprie e forse da lì nasce contemporaneamente la paura di essere amati
per quanto arduo a volte possa essere procedere in avanti tornare indietro alla condizione precedente lo è di sicuro

Seminario: "Il giardiniere dell'anima" - La semina

E’ arrivato il tempo di seminare, gettare i semi alla giusta profondità, all’interno di quei solchi precedentemente scavati.
Azione che prevede il coraggio di abbracciare la possibilità, di aprirsi alla bellezza dell’atto, generatore di piante rigogliose, nonostante le esperienze abortive in cui il seme gettato è morto, causa il gelo, la grandine o le cavallette, corvi neri di cattivo auspicio.

Senza caricarsi di aspettative, destinate alla delusione, fecondare ed essere fecondati per il piacere di farlo, così che quel piacere non possa essere distrutto ma possa, anzi, essere il preludio di futuri piaceri.

Uno dei possibili interrogativi che potremmo porci riguarda, ammesso che nella vita si coltivi qualcosa, i mezzi con cui lo si fa e che cosa si coltiva, dato che non sono ininfluenti, sia per se stessi che per gli altri, il come e il cosa.

“Chi semina vento, raccoglie tempesta … quello coltiva la serpe in seno, … semina zizzania …” sento pronunciare da bocche esperte, che di solito si aprono solo per dire l’essenziale, come è consueto per chi ha già visto e sentito tante cose.
Le frasi semplici sono le più efficaci, arrivano dirette al cuore della questione: è da ciò che seminiamo che dipenderà, in larga misura, ciò che raccoglieremo.
Questo incontro si propone principalmente di confrontarsi con la propria capacità di “seminare”, dato che troppe volte si fanno i bilanci dei raccolti, senza tenere in considerazione il “lavoro” che li ha preceduti per cui tali raccolti divengono immodificabili, legati alla buona o alla cattiva sorte.

LUOGO: Via G. del Papa, 88 50053 Empoli (FI)

ORA E DATA: Sabato 14 Marzo 2009 ore 14:30

Per iscrizioni: Seminario La semina - "Il giardiniere dell'anima"

L'immagine di un gruppo

trasformare un insieme indifferenziato e, al contempo, estraneo, in un gruppo di persone libere è ... (parola bandita) ma possibile e, ancor di più, necessario. Non si tratta di "far comunella", di stringere amicizie rassicuranti, patetiche alleanze contro la "nemica" comune, la vita, che credevate? nè tantomeno occuparsi dei fatti degli altri con domande che, più che mosse da un sincero interesse, sono riconducibili esclusivamente ad una morbosa curiosità.

Niente di tutto questo.
La differenziazione tra le persone è insieme nascita e morte, massima partecipazione e separazione, interesse con la paura a braccetto, mai di fronte a mò di ostacolo.
E le immagini parlano al posto vostro o voi parlate attraverso immagini fino a quel momento sconosciute ma che poi assumono contorni definiti e l'inconscio, inconoscibile per qualcuno, emerge chiaro, nitido, privo di retorica, sempre nuovo.
E' sempre la prima volta o l'ultima è sempre la più bella.
Le assenze annullanti vengono giustamente dimenticate, mentre l'odore del pane appena sfornato ogni volta sale dalla piazza vicina e ci fa compagnia, prova, intangibile ma ugualmente certa, che la sognatrice non ha dimenticato. Così, una ferita alle gambe paralizza temporaneamente il corpo ma la psiche soffia vita.