Non solo Munch


"Grida! Dai ... fai un urlo!"-
"Ma come?"
"Si ... un urlo ... così come ti viene, per gioco, per rabbia, per libertà, per esserci ... Urla!"
"Ma (risatina) se urlo cade il palazzo!"
-Silenzio-
"Dai!"
(Stizzosa) "Ma dai, così a comando ... perchè me lo chiedi tu ... che senso ha ... dovrebbe essere liberatorio? a che dovrebbe servire? i soliti giochetti da psicologi" (rossa in faccia)
BLA, BLA, BLA
La verità è che non lo sai più fare.
Da grandi, da adulti ben educati, che stanno nei binari, che sono moderati, comprensivi e giudiziosi non ci si può permettere di urlare.
L'urlo, dopo tutta una vita passata a sentirsi dire che è male, viene bandito dalla tavolozza delle tinte tonali fino a implodere in un boato di silenzio, dentro e fuori di noi.
Troppo spesso le persone associano l'urlo alla rabbia, alla violenza, al dolore, senza pensare che i bambini urlano di gioia quando giocano e si divertono insieme. Anche l'orgasmo, ogni tanto -lasciando fuori i finti eccessi- fa urlare dentro e fuori.
Ma tante volte diventa difficile emettere un suono che provenga dalla nostra bocca. E' come non avere più voce "in capitolo" su niente che ci riguarda. Fa paura solo l'idea del suono della nostra voce in pubblico perchè la pensiamo - e la fregatura è proprio quella!- sgraziata, stridula da oca giuliva, tremolante di emozione, dura, troppo bassa o troppo alta e via dicendo. Il fatto è che emettere un suono equivale a prendere una posizione e l'urlo determina con maggiore incisività questa posizione e ci rende visibili.
Questa autolimitazione indiscriminata a "cacciare fuori" energia costringe al mutismo e alla rassegnazione e fa percepire le circostanze di vita come situazioni costrittive di cui non si ha il coraggio di liberarsi. Per cui le energie si bloccano e si pietrificano.
Ecco che, magari, si presentano calcoli biliari (perchè a quel punto uno è incazzato di brutto!) che provocano delle coliche dolorosissime permettendo, così, alla persona di fare tutto quello che non ha il coraggio di fare: movimento violenti e grida di dolore. E così la malattia rende onesti!

1 commento:

Anonimo ha detto...

Per 20 anni ho taciuto.non avevo voce, i miei pensieri si fermavano in gola, i sogni albergavano la notte. Lo stomaco cominciò a parlare il suo linguaggio acido, parole dolenti,brucianti..tutto quel fuoco dentro e il pallore sul viso, lo sguardo spento senza occhi senza curiosità..sparivo lentamente morivo mi dissolvevo..
poco cibo poca acqua poco sonno.
Un giorno che piansi fino a svenire qualcuno disse sei migliore di quello che sembri.una parola d'amore, fu un dono inaspettato.Il sogno oltrepassò l'alba, corsi una notte al mare, e lì mi incontrai..