L'immagine di un gruppo

trasformare un insieme indifferenziato e, al contempo, estraneo, in un gruppo di persone libere è ... (parola bandita) ma possibile e, ancor di più, necessario. Non si tratta di "far comunella", di stringere amicizie rassicuranti, patetiche alleanze contro la "nemica" comune, la vita, che credevate? nè tantomeno occuparsi dei fatti degli altri con domande che, più che mosse da un sincero interesse, sono riconducibili esclusivamente ad una morbosa curiosità.

Niente di tutto questo.
La differenziazione tra le persone è insieme nascita e morte, massima partecipazione e separazione, interesse con la paura a braccetto, mai di fronte a mò di ostacolo.
E le immagini parlano al posto vostro o voi parlate attraverso immagini fino a quel momento sconosciute ma che poi assumono contorni definiti e l'inconscio, inconoscibile per qualcuno, emerge chiaro, nitido, privo di retorica, sempre nuovo.
E' sempre la prima volta o l'ultima è sempre la più bella.
Le assenze annullanti vengono giustamente dimenticate, mentre l'odore del pane appena sfornato ogni volta sale dalla piazza vicina e ci fa compagnia, prova, intangibile ma ugualmente certa, che la sognatrice non ha dimenticato. Così, una ferita alle gambe paralizza temporaneamente il corpo ma la psiche soffia vita.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ero una "abbandonata" con un bisogno impellente di fusione di risposte certe e rifiutavo la separazione:una morte atroce nel buio gelido di un cosmo vuoto.
Avevo il terrore degli altri dei quali mi prefiguravo la fuga. Ero allora io la prima a fuggire lontano, rannicchiandomi in me stessa, cercando il mio calore..
Poi ho capito che è imparando a stare con gli altri che si riesce a vivere da soli nutrendoci dei nostri frutti per poi offrirli con generosità alle persone che avviciniamo.

Anonimo ha detto...

Ridestare, aggregare, sospingere le sopite anime, le annientate sensibilità, "i lutti" da elaborare, i narcisismi da indirizzare, i talenti latenti da far emergere, tutto un mondo di opposti e complementari, un'umanità che reclama una sua "rappresentabilità" quasi sempre a scapito dello spazio altrui. Impresa titanica far convivere così eterogenee esigenze, c'è: "....la recita è la trappola nella quale farò cadere la coscienza del re..." un espediente che prenda a prestito parole d'altri, possibilmente poeti, nelle quali in qualche modo riconoscerci, che ci forniscano la prima "maschera" per celarsi più che agli altri, a se stessi. Ho assistito tante volte a questa osmosi, alla fusione, all'accordo e poi all'armonia, sempre col dubbio che in siffatte unioni di spiriti e d'intenti, forse si potesse perdere il nostro peccato originale, il libero arbitrio, Quell'ES atavico che differenzia...e poi quel senso di solitudine che t'attanaglia quando un gruppo monolitico non ha più bisogno del suo "demiurgo-maieuta", quella depressione post-parto che si vince solo tornando a rimescolare altri esseri, ma sempre senza poter olfattare il pane appena sfornato...con quel magone da stomaco vuoto...con lo spleen dei poeti...
Sergio

Anonimo ha detto...

Mi batteva forte il cuore.
Sentivo che si parlava di me.
Mi è battuto ancora più forte quando ho capito che si parlava di noi.
Ed è subito comparso quel gusto colorato che riscalda.
Abbracci caldi...
Cuori che sussultano per uno sguardo, una lacrima, una voce,un'immagine, un dolore, un desiderio, un sorriso, un riconoscimento.

Negli ultimi tempi, mi è capitato spesso di incontrarla.
E' stata assente due mesi per un dolore alle gambe...poi è tornata completamente trasformata nel volto: si atteggia con maniere più simpatiche, più professionali, si muove ondeggiando.
Si sente bella.
Ogni volta che la vedo, mi inquieto... non capivo perchè...
E' diventata amimica.
La guardo e vedo assenza di movimento, di emozioni...forse non limitate solo al volto.
Non una smorfia, nè dolore nè piacere traspaiono.

Penso a me, a noi, liberi di essere come siamo, almeno lì, nel gruppo.
Non amimici, ma liberi di qualsiasi espressione.

E forse, chissà..
gli indigeni nudi, nel mezzo alla stanza, con arco e lancia...
che siano un preludio alla possibilità di renderci liberi anche fuori.
E di rendere liberi...

"I vostri figli non sono i vostri figli.
Voi siete gli archi da cui i figli, le vostre frecce vive, sono scoccate lontano".