In due perchè?

Immaginiamo di dare per scontato, anche se scontato non lo è affatto, di parlare di una persona perfettamente integrata e pertanto autonoma e soddisfatta di sé.
A questo punto chiediamoci in che cosa, intrecciare relazioni di coppia potrebbe arricchire la sua condizione.
Le spiegazioni possono essere molteplici; mi soffermerò su una soltanto.
Io che non a caso non mi occupo di biologia, non ritengo soddisfacente la spiegazione di chi ritiene che si stia insieme per procreare e accudire la prole; anche perché, se questo fosse vero, non esisterebbe nessun altro tipo di coppia se non quello che, appunto, ha lo scopo di riprodursi.
Il discorso, a mio avviso, può procedere soltanto se ci si sposta in una dimensione di desiderio e, pertanto, si sta insieme per il puro piacere di stare insieme, con valenza creativa, molto vicina ad un gioco per grandi, molto lontana dal bisogno e dai giochi di potere.
Si sta insieme anche se potremmo non farlo, perché è bello farlo.
In quest’ottica, uno più uno non fa due ma fa infinito come infinite sono le possibilità di dar vita a forme di esistenza, da soli, non esplorabili.
L’assunto dell’articolo consiste nel tentativo di proiettarsi in una dimensione diversa perché ciò che si vede nelle trasmissioni televisive di intrattenimento e, peggio, nella vita di tutti i giorni, è la proposta di una coppia funzionale la cui aspirazione massima è quella di andare d’accordo.
E non c’è spazio per il sogno, per la curiosità di un inconscio diverso dal nostro ma non per questo inconoscibile, per un gioco di sguardi furtivo, intrigante, seducente, lontano dal mondo dei conti, dei bilanci, dei doveri, delle spiegazioni, rendiconti mortali di un modo d’essere che deve sempre giustificarsi.
Così, si parla di legami invece che di rapporti, di ruoli a cui aderire invece che di volti da scoprire, di obblighi e di "licenze premio" per i vari addio al celibato degli amici, destinati ad una fine comune.
L’album delle foto, il filmino del matrimonio che tutti si devono "sciroppare" ma che non interessa nessuno, neppure i protagonisti … per arrivare a quel compiacimento malato di chi, con espressione soddisfatta, vive la gelosia del partner come espressione massima di amore.
Tutto si riduce a compromessi, remissività e sospiri.
Imboccando questa strada, la coppia diventa il luogo della solitudine perché tutto diventa ovvio, perché sembra che tutto si sappia già e che dell’altro tutto ci appartenga, anche i suoi pensieri, i sogni e il futuro; mentre invece ci sfuggono anche i nostri pensieri, i nostri sogni, il nostro futuro.
Ed ecco che la coppia diventa il luogo della violenza perché luogo di rassicurazioni che diventano ricatti, di parole che diventano pugnalate, di vergogna che diventa silenzio … e paura … e rabbia, per cui, poi, in gruppo, il compagno diventa il peggior nemico e … quanti tradimenti in quelle occasioni di rivalsa, quante vendette.
Poi c’è, per come ci viene proposto, il capitolo triste degli anziani. Oggi, infatti, va di moda la sessualità nella terza e nella quarta età e, nel tentativo di rappresentare una speranza comune, di dar voce a quella fascia d’età che pare essere la fetta più consistente dei paesi occidentali, il cattivo gusto raggiunge dei livelli inimmaginabili. La stupidità uccide qualsiasi risorsa di vitalità autentica e ci si rivolge al "vecchietto arzillo" o alla "rifatta di turno", consenzienti, con un atteggiamento banalizzante e ostentante una sessualità, trattata con poco rispetto e con una superficialità negante qualsiasi condizione di profonda interiorità.
Ma non può finire così, e allora perché in due? Perché in due si può fare l’amore e, magari non si può fare sempre, ma si può fare per sempre e trovare, così, modi migliori di essere, per andare nei gruppi, tra la gente, con dentro un’immagine di qualcuno che ci faccia dire cose che non si credeva di poter dire e che ci faccia fare cose che non si pensava di poter fare.

Francesca Mancini, Maggio 2007

1 commento:

Anonimo ha detto...

.....se ora mi guardo indietro mi sembra d'aver vissuto qui come un mendicante...alla giornata. Ho vissuto delle piroette che eseguivo per te Torvald. Ma eri tu che volevi così.....la nostra casa non è mai stata altro che una stanza da gioco. Qui sono stata la tua moglie-bambola, come ero stata la figlia-bambola di mio padre. E i bambini sono stati le bambole mie...in quel momento ho capito d'aver vissuto qui per otto anni con un estraneo, e di aver avuto tre figli da lui...Oh, non posso pensarci! Vorrei lacerar me stessa in mille pezzi...
da "Casa di Bambola" di H. Ibsen


I tuoi post mi rimandano alla mia cultura teatrale, come se in qualche modo ne fossero l'integrazione, la complementarietà, il completamento...

Sergio