E’ arrivato il tempo di seminare, gettare i semi alla giusta profondità, all’interno di quei solchi precedentemente scavati.
Azione che prevede il coraggio di abbracciare la possibilità, di aprirsi alla bellezza dell’atto, generatore di piante rigogliose, nonostante le esperienze abortive in cui il seme gettato è morto, causa il gelo, la grandine o le cavallette, corvi neri di cattivo auspicio.
Senza caricarsi di aspettative, destinate alla delusione, fecondare ed essere fecondati per il piacere di farlo, così che quel piacere non possa essere distrutto ma possa, anzi, essere il preludio di futuri piaceri.
Uno dei possibili interrogativi che potremmo porci riguarda, ammesso che nella vita si coltivi qualcosa, i mezzi con cui lo si fa e che cosa si coltiva, dato che non sono ininfluenti, sia per se stessi che per gli altri, il come e il cosa.
“Chi semina vento, raccoglie tempesta … quello coltiva la serpe in seno, … semina zizzania …” sento pronunciare da bocche esperte, che di solito si aprono solo per dire l’essenziale, come è consueto per chi ha già visto e sentito tante cose.
Le frasi semplici sono le più efficaci, arrivano dirette al cuore della questione: è da ciò che seminiamo che dipenderà, in larga misura, ciò che raccoglieremo.
Questo incontro si propone principalmente di confrontarsi con la propria capacità di “seminare”, dato che troppe volte si fanno i bilanci dei raccolti, senza tenere in considerazione il “lavoro” che li ha preceduti per cui tali raccolti divengono immodificabili, legati alla buona o alla cattiva sorte.
LUOGO: Via G. del Papa, 88 50053 Empoli (FI)
ORA E DATA: Sabato 14 Marzo 2009 ore 14:30
Per iscrizioni: Seminario La semina - "Il giardiniere dell'anima"
L'immagine di un gruppo
trasformare un insieme indifferenziato e, al contempo, estraneo, in un gruppo di persone libere è ... (parola bandita) ma possibile e, ancor di più, necessario. Non si tratta di "far comunella", di stringere amicizie rassicuranti, patetiche alleanze contro la "nemica" comune, la vita, che credevate? nè tantomeno occuparsi dei fatti degli altri con domande che, più che mosse da un sincero interesse, sono riconducibili esclusivamente ad una morbosa curiosità.
Niente di tutto questo.
La differenziazione tra le persone è insieme nascita e morte, massima partecipazione e separazione, interesse con la paura a braccetto, mai di fronte a mò di ostacolo.
E le immagini parlano al posto vostro o voi parlate attraverso immagini fino a quel momento sconosciute ma che poi assumono contorni definiti e l'inconscio, inconoscibile per qualcuno, emerge chiaro, nitido, privo di retorica, sempre nuovo.
E' sempre la prima volta o l'ultima è sempre la più bella.
Le assenze annullanti vengono giustamente dimenticate, mentre l'odore del pane appena sfornato ogni volta sale dalla piazza vicina e ci fa compagnia, prova, intangibile ma ugualmente certa, che la sognatrice non ha dimenticato. Così, una ferita alle gambe paralizza temporaneamente il corpo ma la psiche soffia vita.
In due perchè?
Immaginiamo di dare per scontato, anche se scontato non lo è affatto, di parlare di una persona perfettamente integrata e pertanto autonoma e soddisfatta di sé.
A questo punto chiediamoci in che cosa, intrecciare relazioni di coppia potrebbe arricchire la sua condizione.
Le spiegazioni possono essere molteplici; mi soffermerò su una soltanto.
Io che non a caso non mi occupo di biologia, non ritengo soddisfacente la spiegazione di chi ritiene che si stia insieme per procreare e accudire la prole; anche perché, se questo fosse vero, non esisterebbe nessun altro tipo di coppia se non quello che, appunto, ha lo scopo di riprodursi.
Il discorso, a mio avviso, può procedere soltanto se ci si sposta in una dimensione di desiderio e, pertanto, si sta insieme per il puro piacere di stare insieme, con valenza creativa, molto vicina ad un gioco per grandi, molto lontana dal bisogno e dai giochi di potere.
Si sta insieme anche se potremmo non farlo, perché è bello farlo.
In quest’ottica, uno più uno non fa due ma fa infinito come infinite sono le possibilità di dar vita a forme di esistenza, da soli, non esplorabili.
L’assunto dell’articolo consiste nel tentativo di proiettarsi in una dimensione diversa perché ciò che si vede nelle trasmissioni televisive di intrattenimento e, peggio, nella vita di tutti i giorni, è la proposta di una coppia funzionale la cui aspirazione massima è quella di andare d’accordo.
E non c’è spazio per il sogno, per la curiosità di un inconscio diverso dal nostro ma non per questo inconoscibile, per un gioco di sguardi furtivo, intrigante, seducente, lontano dal mondo dei conti, dei bilanci, dei doveri, delle spiegazioni, rendiconti mortali di un modo d’essere che deve sempre giustificarsi.
Così, si parla di legami invece che di rapporti, di ruoli a cui aderire invece che di volti da scoprire, di obblighi e di "licenze premio" per i vari addio al celibato degli amici, destinati ad una fine comune.
L’album delle foto, il filmino del matrimonio che tutti si devono "sciroppare" ma che non interessa nessuno, neppure i protagonisti … per arrivare a quel compiacimento malato di chi, con espressione soddisfatta, vive la gelosia del partner come espressione massima di amore.
Tutto si riduce a compromessi, remissività e sospiri.
Imboccando questa strada, la coppia diventa il luogo della solitudine perché tutto diventa ovvio, perché sembra che tutto si sappia già e che dell’altro tutto ci appartenga, anche i suoi pensieri, i sogni e il futuro; mentre invece ci sfuggono anche i nostri pensieri, i nostri sogni, il nostro futuro.
Ed ecco che la coppia diventa il luogo della violenza perché luogo di rassicurazioni che diventano ricatti, di parole che diventano pugnalate, di vergogna che diventa silenzio … e paura … e rabbia, per cui, poi, in gruppo, il compagno diventa il peggior nemico e … quanti tradimenti in quelle occasioni di rivalsa, quante vendette.
Poi c’è, per come ci viene proposto, il capitolo triste degli anziani. Oggi, infatti, va di moda la sessualità nella terza e nella quarta età e, nel tentativo di rappresentare una speranza comune, di dar voce a quella fascia d’età che pare essere la fetta più consistente dei paesi occidentali, il cattivo gusto raggiunge dei livelli inimmaginabili. La stupidità uccide qualsiasi risorsa di vitalità autentica e ci si rivolge al "vecchietto arzillo" o alla "rifatta di turno", consenzienti, con un atteggiamento banalizzante e ostentante una sessualità, trattata con poco rispetto e con una superficialità negante qualsiasi condizione di profonda interiorità.
Ma non può finire così, e allora perché in due? Perché in due si può fare l’amore e, magari non si può fare sempre, ma si può fare per sempre e trovare, così, modi migliori di essere, per andare nei gruppi, tra la gente, con dentro un’immagine di qualcuno che ci faccia dire cose che non si credeva di poter dire e che ci faccia fare cose che non si pensava di poter fare.
Francesca Mancini, Maggio 2007
A questo punto chiediamoci in che cosa, intrecciare relazioni di coppia potrebbe arricchire la sua condizione.
Le spiegazioni possono essere molteplici; mi soffermerò su una soltanto.
Io che non a caso non mi occupo di biologia, non ritengo soddisfacente la spiegazione di chi ritiene che si stia insieme per procreare e accudire la prole; anche perché, se questo fosse vero, non esisterebbe nessun altro tipo di coppia se non quello che, appunto, ha lo scopo di riprodursi.
Il discorso, a mio avviso, può procedere soltanto se ci si sposta in una dimensione di desiderio e, pertanto, si sta insieme per il puro piacere di stare insieme, con valenza creativa, molto vicina ad un gioco per grandi, molto lontana dal bisogno e dai giochi di potere.
Si sta insieme anche se potremmo non farlo, perché è bello farlo.
In quest’ottica, uno più uno non fa due ma fa infinito come infinite sono le possibilità di dar vita a forme di esistenza, da soli, non esplorabili.
L’assunto dell’articolo consiste nel tentativo di proiettarsi in una dimensione diversa perché ciò che si vede nelle trasmissioni televisive di intrattenimento e, peggio, nella vita di tutti i giorni, è la proposta di una coppia funzionale la cui aspirazione massima è quella di andare d’accordo.
E non c’è spazio per il sogno, per la curiosità di un inconscio diverso dal nostro ma non per questo inconoscibile, per un gioco di sguardi furtivo, intrigante, seducente, lontano dal mondo dei conti, dei bilanci, dei doveri, delle spiegazioni, rendiconti mortali di un modo d’essere che deve sempre giustificarsi.
Così, si parla di legami invece che di rapporti, di ruoli a cui aderire invece che di volti da scoprire, di obblighi e di "licenze premio" per i vari addio al celibato degli amici, destinati ad una fine comune.
L’album delle foto, il filmino del matrimonio che tutti si devono "sciroppare" ma che non interessa nessuno, neppure i protagonisti … per arrivare a quel compiacimento malato di chi, con espressione soddisfatta, vive la gelosia del partner come espressione massima di amore.
Tutto si riduce a compromessi, remissività e sospiri.
Imboccando questa strada, la coppia diventa il luogo della solitudine perché tutto diventa ovvio, perché sembra che tutto si sappia già e che dell’altro tutto ci appartenga, anche i suoi pensieri, i sogni e il futuro; mentre invece ci sfuggono anche i nostri pensieri, i nostri sogni, il nostro futuro.
Ed ecco che la coppia diventa il luogo della violenza perché luogo di rassicurazioni che diventano ricatti, di parole che diventano pugnalate, di vergogna che diventa silenzio … e paura … e rabbia, per cui, poi, in gruppo, il compagno diventa il peggior nemico e … quanti tradimenti in quelle occasioni di rivalsa, quante vendette.
Poi c’è, per come ci viene proposto, il capitolo triste degli anziani. Oggi, infatti, va di moda la sessualità nella terza e nella quarta età e, nel tentativo di rappresentare una speranza comune, di dar voce a quella fascia d’età che pare essere la fetta più consistente dei paesi occidentali, il cattivo gusto raggiunge dei livelli inimmaginabili. La stupidità uccide qualsiasi risorsa di vitalità autentica e ci si rivolge al "vecchietto arzillo" o alla "rifatta di turno", consenzienti, con un atteggiamento banalizzante e ostentante una sessualità, trattata con poco rispetto e con una superficialità negante qualsiasi condizione di profonda interiorità.
Ma non può finire così, e allora perché in due? Perché in due si può fare l’amore e, magari non si può fare sempre, ma si può fare per sempre e trovare, così, modi migliori di essere, per andare nei gruppi, tra la gente, con dentro un’immagine di qualcuno che ci faccia dire cose che non si credeva di poter dire e che ci faccia fare cose che non si pensava di poter fare.
Francesca Mancini, Maggio 2007
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Appello alla vita
Diritto alla vita ... è come dire diritto alla morte.
Siamo noi i padroni della nostra vita o ce lo vogliono far credere?
Ci vogliono far credere che la legge ci protegge, quando un qualsiasi uomo "mandato da Dio" ci impone leggi ad personam.
Eh già, lui può...o siamo noi che glielo permettiamo?
... Filippo Argenti, allora, lo conoscevano tutti.
Era uno che stava a Firenze ed era un arricchito.
E aveva un grande potere in Comune.
Filippo Argenti Cavicciuri degli Ademari, famiglia di guelfi neri.
Ladri, ma ladri...
Quando passava con il cavallo, l'Argenti stava a gambe larghe, e tutti quelli che gli camminavano accanto li colpiva a calci.
Avevano presentato un esposto al Comune affinchè Filippo Argenti andasse a cavallo a gambe strette: niente da fare.
A un certo punto, Dante entra in politica, diventa priore e scopre un caso in cui Filippo Argerti era implicato.
Filippo Argerti va da lui e gli dice:" Dante, scusa ... tu che sei priore, vedi di aiutarmi, di coprirmi ..."
Dante, allora, si riunisce con gli altri priori e invece di far dare due anni come stabilito, gliene fa dare sei, più l'esilio.
Filippo Argerti ,appena lo viene a sapere, aspetta Dante, gli si piazza davanti e gli dice:" E tu saresti un poeta?" e gli molla un ceffone. "
Dante era un uomo di fatti.
Dove sono finiti i poeti italiani pieni di passioni, moralmente integri, disposti a seguire intuizioni,disposti a fare, disposti a perseverare?
Occorre uscire da situazioni di stasi che hanno la proprietà solo di riportarti al punto di partenza.
Occorrono scelte coraggiose e fatti.
Sarà forse finalmente giunto il momento di abbandonare le nostre poltrone e riappropriarsi delle nostre identità?
Siamo noi i padroni della nostra vita o ce lo vogliono far credere?
Ci vogliono far credere che la legge ci protegge, quando un qualsiasi uomo "mandato da Dio" ci impone leggi ad personam.
Eh già, lui può...o siamo noi che glielo permettiamo?
... Filippo Argenti, allora, lo conoscevano tutti.
Era uno che stava a Firenze ed era un arricchito.
E aveva un grande potere in Comune.
Filippo Argenti Cavicciuri degli Ademari, famiglia di guelfi neri.
Ladri, ma ladri...
Quando passava con il cavallo, l'Argenti stava a gambe larghe, e tutti quelli che gli camminavano accanto li colpiva a calci.
Avevano presentato un esposto al Comune affinchè Filippo Argenti andasse a cavallo a gambe strette: niente da fare.
A un certo punto, Dante entra in politica, diventa priore e scopre un caso in cui Filippo Argerti era implicato.
Filippo Argerti va da lui e gli dice:" Dante, scusa ... tu che sei priore, vedi di aiutarmi, di coprirmi ..."
Dante, allora, si riunisce con gli altri priori e invece di far dare due anni come stabilito, gliene fa dare sei, più l'esilio.
Filippo Argerti ,appena lo viene a sapere, aspetta Dante, gli si piazza davanti e gli dice:" E tu saresti un poeta?" e gli molla un ceffone. "
Dante era un uomo di fatti.
Dove sono finiti i poeti italiani pieni di passioni, moralmente integri, disposti a seguire intuizioni,disposti a fare, disposti a perseverare?
Occorre uscire da situazioni di stasi che hanno la proprietà solo di riportarti al punto di partenza.
Occorrono scelte coraggiose e fatti.
Sarà forse finalmente giunto il momento di abbandonare le nostre poltrone e riappropriarsi delle nostre identità?
Roberta Pecorini
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Nudi si nasce e si rinasce
Mario ha detto:
"Nun te piglià collera. Doppo duie anne, me sò abituato. 'A vita mia me l' 'aggio accunciata comme me piace a me. 'A notte ce veco ... quanno dormo. Dint' 'o suonno veco 'o munno comme vogl'io, 'a gente comme piace a me. E me fa pena 'a gente ca ce vede pecché 'a notte se cocca stanca e nun se pò sunnà niente. E allora, vamm' 'o lieve 'a capa ... siccome 'e notte ce veco, 'e iuorno me pare comme si l'ate fòsseno tutte cecate. E vulesse na cosa sola ... Ca vedesseno 'e iuorno tale a quale comme io veco 'e notte."
E. De Filippo, Occhiali neri,1945
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