L'analista: teoria e prassi

E’ stato un male voler vedere?
Il mito, almeno quello che ho letto io, dice che Psiche si avvicinò al suo sposo addormentato e per vederlo lo illuminò con una lampada.
Ella vide Amore [il più bello ed il più amabile degli dei].
Ma talvolta nella realtà può accadere che Psiche si accorga che nelle tenebre della notte, stava giacendo con un mostro.
Il peccato, secondo i greci, era sempre lo stesso. La chiamavano ubris, la tracotanza di sfidare la divinità.
Ma se assumiamo come valida l’idea che non c’è nell’uomo alcun peccato originale che ne determini l’esistenza, così dobbiamo assumere che la scelta di voler fare l’esperienza di conoscenza diretta non possa considerarsi peccato bensì l’unico modo per poter conoscere, nella speranza di un di più che avrebbe potuto esserci e non c’è stato.
Solo a questo punto, il rifiuto dell’ovvio, dell’amorfo, del ripetitivo, dello stupido è un autentico rifiuto che non può essere equivocato in alcun modo con una fuga.
Il bordello sognato prima del viaggio, che mi aveva messo nell’incertezza di provare invidia per una realizzazione che immaginavo straordinariamente lontana dalle mie, si è rivelato essere, invece, l’intuizione di una prassi superficiale e rituale, fatta di consensi che escludono qualsiasi possibilità di rapporto.
Sono delusa ma non pentita di aver voluto vedere perché l’esperienza, una volta fatta, lascia il posto all’intenzione di mantenere valida la teoria ma di proporla in termini del tutto personali rispondenti al mio modo d’essere, libera da lontani fantasmi persecutori che possono sempre compromettere l’individualità implicita ad ogni atto creativo.
L’incertezza del prima è stata completamente fugata dall’essermi ritrovata in una realtà senz’amore in cui l’unico modo per poterci stare era quello di accettare uno stupro, che a me, e qui sta la fregatura, non ha fatto neppure godere.
Malgrado tutto, mi ritrovo sempre un inconscio più sano di quello che credo, un inconscio che evidentemente viaggia più rapido della mia ragione e che mi guida nel dire si o no.
L’unica cosa che si debba fare nella vita.
Partita presunta invidiosa torno a casa serena, a proporre le cose che mi appartengono e mi potranno appartenere di più, con la possibilità di scoprirne altre anche grazie ad altri che ci sono e che ci potranno essere, senza paura e senza limiti e tabù.
Mi chiedo, a questo punto, chi sia davvero il fascista o il prete.
Colgo l’occasione per rinnovare la stima a chi ha preso la bellezza di un’idea e l’ha fatta sua, solo quanto basta per non perdersi e per mantenere il proprio modo d’essere.
E così, in quel caso, quando Psiche vide Amore, scoprì [il più bello e il più amabile degli dei].

1 commento:

Anonimo ha detto...

non è mai un male voler vedere. con i propri occhi.

nel dubbio che gli occhi altrui non avessero saputo vedere abbastanza? oppure per trovare conferma delle proprie ed altrui intuizioni?

bello, anzi bellissimo.
ma, prima ancora di qualunque idea, o di qualunque sogno - bello o brutto che fosse - l'immagine di una relazione.
magari da vivere e da riproporre?

un'idea di nostalgia per quel che è stato e per quel che ancora possa essere.

tanti anni fa, un'incerta intuizione: non è per me.

poi, il tempo dice se si trattava di una resistenza o di un sano assetto profondo che - senza spiegare - rende evidente l'incompatibile, la perplessità, il non capire, il non voler partecipare.

le teorie, belle magari, da trattenere in qualche misura, se dicono di una originaria dimensione di sanità, di una cura possibile, ma - fondamentale - la prassi. La cui necessità costantemente si ripropone.

anche oggi.

francesco