Uno di noi


Immagini di vita, immensa felicità, si sovrappongono a immagini di morte, acuta disperazione.
Sospesi nel tempo e nello spazio - un'ora qualunque di un giorno qualunque in un luogo qualunque - vaghiamo.
Un tonfo, silenzioso, rompe la dolce illusione di solidità che ci serve per campare.
Un tonfo fragoroso e tutto, di colpo, trema.
La mente, recipiente debordante, non contiene l'evento.
Non è possibile! E' uno scherzo di pessimo gusto! Ho capito male!
La mamma lo chiama come una mattina qualunque - svegliati - gli dice - svegliati - sussurra - svegliati - rantola. Un singhiozzo spegne la cieca speranza, quella di tutti.
E' uno scherzo, ora si alza, dai ora alzati, andiamo a sciare!
Il babbo, solido edificio, pesi indicibili sostenuti sulle spalle, dignitosamente si china sul figlio e ne sfiora l'orecchio come a fargli un'ultima importante confidenza.
Si erge, poi, nel dolore che tenta di piegarlo.
E' integro nel dolore che tenta di piagarlo.
E' composto nel dolore vigliacco che coglie sempre impreparati.
Peccato che di dolore non si muoia, almeno non subito!
Una Novella sposa, uccellino spaurito, cerca risposte al suo gigantesco perchè che pulsa, incessante e spietato, nelle tempie.
La bella Novella d'amore questa volta non trova compimento.
Si piange e si vive e il fratello ce lo insegna.
Si scherza tra amici e una battuta diventa salvifica per chi la fa e per chi la ascolta.
Si cerca di dare il meglio di noi ai vivi, di mettere presenza per non rendere una separazione un immenso buco nero risucchiante.
Ora sono felice, posso anche morire.
E i vivi faranno i loro conti, da soli, con la vita e con la morte.
3 Maggio 1970
3 Gennaio 2009
era un uomo preciso e i conti li ha sempre fatti tornare.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

 
Quella data se ne porta con sé i ricordi per le omissioni che ne avrebbero potuto determinare accadimenti diversi e di segno opposto, come nella nemesi, tutto andò a far parte dell’inevitabile eppure evitabilissimo, l’occasione per la creazione di una figura su misura in quanto sangue del mio sangue....
Una lunga attesa, durata anni, alla ricerca di quell'ideale, che non avevo ancora trovata nello scandaglio del pianeta donna, un nome già attribuito, essenza stessa della vita e della “povertà” troppo cristiano e niente cattolico, e quell'essenza, come una profetazione, si palesò al mio sguardo sotto una luce ultravioletta che avrebbe dovuto riscaldarla, un cuore che per sopravvivere pompava impazzito quasi a voler erompere fuori da quell'esile petto, ancora più metafora dell'amore se ce ne fosse stato bisogno di dimostrare.....e quei 10 giorni d'attesa, con la vana speranza di poter trasmettere vita attraverso il vetro della culla termica, l'alternanza di riprese e di nuove “infezioni”, quel monitor dal quale cercavo di carpire speranza fosse di pressione o di pulsazioni...e quell'innaturale gonfiore di quella sera, quel sonno innaturale quanto un saluto....e quell'incubo alle cinque e quattordici, quasi una manina protesa per l'ultimo accompagnamento......e poi l'orrore di quel tavolo di marmo in quel “deposito donne”.....e un dolore devastante che sempre più acuto si rinnova in nuove forme, in nuove richieste di: perché?
15 maggio 1987 – 6 gennaio 2009,
ieri, e oggi ancora di più....

Sergio


 

Anonimo ha detto...

Che meraviglia quelle parole. Io non le so usare così bene. Voglio solo dire: quante date potrei annotare qui..non sto a farlo. Vi abbraccio tra le lacrime senza dirvi una parola che non ci riesco, non so dove andarla a prendere una parola, ma vi bacio vi entro nel cuore ve lo scaldo un pò ve lo tengo tra le mani il vostro cuore incrinato..