Sembrava tutto così vero che quando mi sono svegliata avevo la sensazione che avessimo trascorso veramente qualche ora insieme.
Le radici degli affetti
tutto è iniziato con una radice sul comò e un lungo discorso sulle radici ... poi ho conosciuto tuo papà e ho dormito da te.
La tessitrice
Mi son seduto su la panchetta
come una volta... quanti anni fa?
Ella, come una volta, s'è stretta
su la panchetta.
E non il suono d'una parola;
solo un sorriso tutto pietà.
La bianca mano lascia la spola.
Piango, e le dico: Come ho potuto,
dolce mio bene, partir da te?
Piange, e mi dice d'un cenno muto:
Come hai potuto?
Con un sospiro quindi la cassa
tira del muto pettine a sé.
Muta la spola passa e ripassa.
Piango, e le chiedo: Perché non suona
dunque l'arguto pettine più?
Ella mi fissa timida e buona:
Perché non suona?
E piange, e piange - Mio dolce amore,
non t'hanno detto? non lo sai tu?
Io non son viva che nel tuo cuore.
Morta! Si, morta! Se tesso, tesso
per te soltanto; come, non so;
in questa tela, sotto il cipresso,
accanto alfine ti dormirò.
Giovanni Pascoli
Novella d'amore
C'era una volta un califfo di Ispahan che dopo vent'anni di felicità coniugale s'andava tristemente disamorando della regina. Col cuore in pezzi, la vedeva perdere di giorno in giorno il fascino che aveva conservato tanto a lungo. Il viso della regina stava diventando scialbo, appariva grigio, cupo e mesto. Gli angoli delle labbra mostravano una piega amara e delle rughe violacee le appesantivano lo sguardo spento. Pareva soprattutto che avesse rinunciato a sedurre e che deliberatamente venisse meno al dovere di essere bella cui ogni donna , e una regina più di ogni altra, è tenuta.
Così, il califfo si stava allontanando da lei. Tutti i pretesti erano buoni per andarsene in guerra, a caccia o in missione diplomatica. Anche il suo interesse verso le damigelle di corte appariva sempre più insistente.
Un giorno però, uscendo dalle sue stanze per recarsi nella sala del Consiglio, gli accadde di passare dietro alla regina che s'acconciava la capigliatura davanti a uno specchietto.
Guardò di sfuggita nello specchio e si fermò sbalordito. Il viso che vi aveva appena scorto risplendeva di radiosa bellezza. Quegli occhi brillavano di gioia. Gli angoli delle labbra si rialzavano in un sorriso pieno di gaia ironia. Colto da stupore, il califfo restò fermo, e, poggiando le mani sulle spalle della regina, la fece voltare verso di lui. Che mistero! Il viso che adesso stava fissando era, come al solito, grigio, cupo e mesto. Gli angoli delle labbra ricadevano in una piega amara. Delle rughe violacee le appesantivano lo sguardo spento. Il califfo alzò le spalle e si recò al Consiglio.
Tuttavia la fugace illuminazione che aveva colto al mattino, seguitava a occupare la sua mente. Cosicchè l'indomani fece in modo che si ripetesse la scena del giorno prima. Mentre la regina stava di fronte al suo specchietto, le passò dietro osservandone l'immagine riflessa. Il miracolo si ripetè: vi si rifletteva una donna che risplendeva di gioia. Di nuovo il Califfo la fece voltare verso di lui. Di nuovo, il volto che scoprì era solo una maschera di lutto e malinconia. S'allontanò ancora più inquieto del giorno prima.
La sera, si recò presso il saggio Ibn Al Houdaida ... Gli raccontò del disamore che si stava instaurando tra lui e la regina, del velo di infelicità che abitualmente le copriva il volto, ma anche della scoperta di una donna trasfigurata nel piccolo specchio come per due volte aveva constatato, e gli raccontò pure della sua delusione quando poi l'aveva guardata dritto in volto.
Ibn Al Houdaida meditò a lungo in seguito a questo racconto. Lui che viveva da tanto tempo senza moglie e senza specchio, cosa ne poteva sapere? Interrogò il discepolo d'un tempo.
"Cosa vedevi esattamente, nello specchio che osservavi da sopra la spalla della regina?".
"Ve l'ho già detto" rispose il Califfo "vedevo la regina radiosa di bellezza".
Il saggio seguitò a riflettere.
"Ricordati bene. Davvero vedevi soltanto il volto della regina?".
"Sì, insomma ... credo. Forse vedevo anche il muro della stanza, o una parte del soffitto".
"Domani mattina, riprova di nuovo e guarda meglio" gli ordinò Ibn Al Houdaida.
L'indomani sera, il Califfo si presentava di nuovo a casa sua.
"Allora?" gli chiese il saggio. "Che hai visto nello specchio, oltre alla regina trasfigurata?".
"Ho scoperto la mia testa in secondo piano e un pò sfocata nella penombra" disse il Califfo.
"Ebbene", disse il saggio "ecco la chiave del mistero! Quando affronti la regina di fronte, con durezza, senza amore, come un giudice, quando la squadri come se volessi contare le sue rughe o i suoi capelli grigi, allora la getti in una solitudine che l'addolora e l'imbruttisce. Invece, quando il tuo viso è accanto al suo essa irradia bellezza e gioia. Ti ama, ecco, e si illumina solo quando le vostre due teste sono unite nella stessa cornice con lo sguardo rivolto allo stesso paesaggio, allo stesso avvenire ... ".
Michel Tournier
A chi mi ha dato il cuore
Da scettica a scettico
Nei rapporti non occorre fare un atto di fede. Non si tratta, infatti, di credere o non credere; si tratta, invece, di praticare la realtà degli affetti che ci sono senza svilirli nè idealizzarli.
In questo senso, c'è più concretezza in un sentire corretto di quanta non ce ne sia nelle cose materiali.
Aut aut
Proprio perchè la via d'uscita non sta quasi mai in una delle due alternative che prendo in considerazione, bensì in una terza possibile via che, poichè le contiene entrambe, entrambe le esclude ...
non dovrebbero esserci cose che non si possono dire; dovrebbe, piuttosto, esistere un modo adeguato per dirle.
Il coraggio dei mondi possibili
E' come vedere il mondo da una piccola fessura e credere che quello che vedo sia tutto ciò che esiste.
Quello che mi sembra grave non è tanto che le persone abbiano un orizzonte limitato ma che credano e sentano che non possa esistere altro.
Così l'ignoranza diventa una forma di dittatura che vicendevolmente gli uni impongono agli altri.
Oltre il bianco e il nero
Il cambio del pannolone
Numero Diciassette: lasciare a G. un messaggio per ricordargli di chiamare sua madre. Lasciare a G. un messaggio per ricordargli di leggere il primo messaggio.
Mi sono sempre detta: "Non credo di fare la madre a nessuno se non a chi devo farla per il semplice fatto che lo sono. Non rientra nel mio modo di essere. Mi levo di torno quando lui piega il bucato o parla con i bambini, non gli dico come fare per poi sostituirmi a lui ... perchè, oltre che violento lo trovo noioso e non ho voglia di farlo".
Ma poi, col tempo, nel trovare le parole anche per lui mi sono scoperta a lavargli le mutande!
Iscriviti a:
Post (Atom)