Un giorno, mentre nuotava libera negli abissi del mare si sentì svenire di piacere, gli occhi le si riempirono di fluide lacrime ristoratrici e il canto le si spezzò in gola.
Per nove mesi rimase in attesa di scoprire il mistero che l'aveva avvolta e, paurosa visione, in una notte tumultuosa le apparve l'immagine mortale di un uomo che le aveva tolto la parte più vitale di sè.
Pianse per anni finchè, dopo tutto quel dolore provato, dopo un lungo viaggio fatto di incontri e di addii, realizzò di poter essere l'unica salvatrice per se stessa e rinunciò al cavallo bianco, al principe azzurro, alla rabbia dell'attesa e dell'impotenza, all'invidia che provava quando ancora odiava la propria immagine riflessa, all'indifferenza di quando non credeva più possibile che si potesse vivere diversamente, realizzando un proprio modo d'essere autentico, espressione massima di bellezza, armonia, desiderio di concepire figli, vitalità di volersi trasformare continuamente senza spaventarsi troppo.
Fu così che tornò, lei, da sola a immergersi in quelle acque in cui era solita immergersi e che tanto aveva amato.
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