... "non è difficile accorgersi che le persone tendono a sopravvalutare il ruolo della razionalità cosciente. Tendono dunque a ritenere che - con alcune eccezioni - il comportamento umano sia eminentemente razionale; si illudono di sapere, come cosa naturale, che esiste una distinzione netta e riconoscibile fra gli atti intenzionali e quelli involontari; pensano che le principali scelte della vita debbano avere, e abbiano, carattere razionale e consapevole. Con ciò, sono anche convinti che ogni adulto normale sia in grado di dire veridicamente quali sono i motivi che lo hanno indotto a compiere un'azione qualsiasi. In rapporto a questo, credono di sapere che cosa significhi coscienza, poichè la coscienza sta alla base del proprio viversi come persone, e così tendono a pensare che questa coscienza sia semplice e unitaria; con ciò, ritengono che vi sia una differenza netta ed evidente fra le emozioni e passioni da un lato, e dall'altro l'autocoscienza e la ragione; e per motivi analoghi tendono a dare per ovvio che vi sia una differenza "forte" e categoriale fra l'intelligenza animale e quella umana. Come corollario, tendono spontaneamente a ritenere ovvio che senza il linguaggio non vi sia conoscenza, nè coscienza, nè vera intelligenza ... La ricerca psicologica moderna confuta il semplicismo e il carattere di autoinganno di queste credenze condivise; e in parte ci aiuta anche a capire come si sono formate".
Jervis G., Fondamenti di psicologia dinamica, Feltrinelli
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