Vita,dolcezza,speranza nostra

perchè "la felicità è la tristezza che fa le capriole ...
pensieri che svuotano
pensieri senza peso
pensieri di autentica felicità".

Ciò che di me sapeste

Ciò che di me sapeste
non fu che la scialbatura,
la tonaca che riveste
la nostra umana ventura.

Ed era forse oltre il telo
l’azzurro tranquillo;
vietava il limpido cielo
solo un sigillo.

O vero c’era il falòtico
mutarsi della mia vita,
lo schiudersi d’un’ignita
zolla che mai vedrò.

Restò così questa scorza
la vera mia sostanza;
il fuoco che non si smorza
per me si chiamò: l’ignoranza.

Se un’ombra scorgeste, non è
un’ombra – ma quella sono io.
Potessi spiccarla da me,
offrirvela in dono.
(Montale E., Ossi di Seppia, 1920-27)

L'assertività

L’Analisi Transazionale trattata nella lezione del 13 luglio scorso è l’estrema sintesi di studi più complessi e dettagliati, affrontati da diversi autori nel corso degli anni.
A questo proposito ho pensato di citare , come approfondimento, un intero capitolo, tratto dal libro di Roberto Anchisi e Mia Gambetto Dessy, Non solo comunicare. Teoria e pratica del comportamento assertivo,Cortina, di cui consiglio la lettura per esteso a tutti quelli che fossero interessati .

L’assertività è la caratteristica di chi realizza se stesso, manifestando le proprie doti e le proprie esigenze nel contesto sociale.
“Assertività” deriva dal latino “asserire” e dall’italiano “asserire”. Il verbo fu già utilizzato dal Guicciardini (1540) con il significato di affermare, sostenere con vigore. L’aggettivo compare per la prima volta nell’Instrumento della Filosofia Naturale del Piccolomini (1576); si trova anche in Giordano Bruno (1584-85) e in Galilei (1962).
In psicologia il termine viene ripreso dall’inglese “assertiveness” e tradotto con varie espressioni come “efficacia personale”, “efficienza”, “affermatività”. Noi abbiamo preferito il termine “assertività”, che lo Zingarelli (1986) definisce come la qualità di chi è in grado di far valere le proprie opinioni e i propri diritti pur rispettando quelli degli altri.
Altre espressioni che si riferiscono all’assertività sono “abilità sociale” e “competenza sociale”.
Visivamente, l’assertività corrisponde al punto di mezzo di un segmento ideale ai cui estremi si pongono la passività e l’aggressività.

Il massimo: non raggiungere la coscienza di se stessi attraverso la collera e l’aggressività, e nemmeno umiliandosi ecc., ma con calma; lo scopo: coscienza di se stesso nella calma.

Il concetto di assertività

L’assertività è una struttura concettuale di natura funzionalistica, finalizzata alla razionalizzazione della condotta con se stessi e verso gli altri. Ricerca le norme più semplici e più efficaci in vista di obiettivi caratterizzati dalla massima con divisibilità e accettabilità, come se fossero il massimo comune denominatore di tutte le persone.
E’ una forma etica, il cui dominio dei valori è rappresentato dall’interpersonalità e non dal trascendente o dall’ideale: l’essenza dell’assertività ricorda piuttosto la trascendentalità kantiana. segue>>

Identità professionale: dal ruolo che ho al ruolo che sento di avere

ATTI DEL CORSO DI FORMAZIONE ECM PER INFERMIERI
A cura di: Flavia Centurrino - Francesca Mancini


Il concetto di identità


Parlare di identità professionale obbliga a parlare, prima, di identità personale.

Il tema è ampio e, per poter fare chiarezza, è necessario definire che cosa vogliamo intendere per identità perché, altrimenti, il rischio che si corre è quello di confondere termini che solo all’apparenza possono sembrare sinonimi quando, in realtà, non lo sono e questo è già fuorviante.

Allora, per identità si intende un modo di essere di un individuo che sia definito rispetto agli altri individui e che sia lineare nell’affrontare le normali o traumatiche modificazioni della vita.

Ciò significa che un individuo sano non si è arrestato nel proprio processo di crescita all’identificazione con il padre o la madre ma, superandola, ha realizzato un modo di essere unico, libero e incline alla flessibilità. segue>>

Seminario:" Il giardiniera dell'anima" Il raccolto


Data da definire

Luogo: Via G. del Papa, 88

Il mistero uomo-donna ovvero delle relazioni d'amore

La buona riuscita delle relazioni è indissolubilmente legata all’identità di ognuno. Spesso si sente parlare di identità di genere piuttosto che di identità tout court.
Vedendo persone o addirittura coppie che, malgrado stiano insieme da anni, trovano difficoltà a dirsi quelle cose che magari i bambini piccoli si scambiano costantemente mentre giocano - abilità che si va evidentemente a perdere nel tempo - cerchiamo di capire dove e quando sorge quella prima crepa che allontana. Quella crepa diventa piano piano una fenditura, una spaccatura, una voragine.
Proviamo ad addentrarci in quella fenditura e cerchiamo un contatto con le ferite, il dolore e le false credenze che fanno sì che le aspettative reciproche poco abbiano a che fare con le donne e con gli uomini in carne e ossa, con il marito o con la moglie, fidanzata/o … amica/o …
Questa premessa di ordine generale si va a situare in un tessuto sociale, il nostro, in cui l’analisi dell’identità più o meno di genere dà adito a tracciare profili in cui d’identità ce n’è davvero poca.
Ma che cosa è l’identità, secondo la psicologia?
Con questo termine si intende l’identità personale, ossia il senso del proprio essere continuo attraverso il tempo, e distinto, come entità, da tutte le altre.
Perché abbiamo titolato mistero?
Perché parlare di uomo-donna significa parlare di relazioni ossia di sessualità, e la sessualità è mistero “quell’oscuro oggetto del desiderio” che può essere estremamente “bello”, se con esso vado a cogliere quel senso del misterioso che l’amore implica.
Ma, se per mistero, intendiamo un fenomeno che non comprendiamo e che pertanto ci rende confusi, allora è necessario andare più a fondo nella questione.
Parlare di sessualità significa parlare di un aspetto del comportamento umano che purtroppo, nonostante il grande interesse, è ancora un fenomeno poco conosciuto e uno tra quei fenomeni che l’uomo vive in modo più disarmonico e faticoso. Infatti, anche se la sessualità è naturalmente volta al piacere e alla gioia, è molto spesso fonte di angoscia, infelicità e patologia.
In primo luogo ciò accade perché spesso la si dà per scontata, o c’è o non c’è, e invece non si pensa mai ad essa come ad un aspetto, forse quello più significativo, di una relazione che si va di volta in volta a costruire insieme, trasformando via via i vissuti in vissuti diversi.
Si tratta di realizzare un’armonia fra l’aspetto fisico, emotivo, mentale e spirituale. E’ l’espressione di una forza di attrazione e fusione di due poli che producono un’energia, quella dell’eros.
A questo punto cominciamo a scendere nella spaccatura che separa gli uni dagli altri; gli uomini dalle donne … la spaccatura comincia ad aprirsi per essere, poi, sempre più profonda e larga nel momento in cui i reciproci stereotipi si infrangono nella “rocciosa”realtà.
Le bambine e i bambini da piccoli ascoltano le novelle in cui Cenerentola riscatta le umiliazioni di tutta la vita, le angherie delle sorellastre e della matrigna quando il Principe Azzurro - necessariamente bello, biondo e ricco - folgorato dall’avvenenza di lei – necessariamente bella, bionda e docile – la chiederà in moglie con finale “e vissero sempre felici e contenti” – finale peraltro statico perché non prevede la relazione, la trasformazione, insomma il senso dello stare insieme . Anche Biancaneve risusciterà/rinascerà dalla morte, avvenuta a seguito dell’avvelenamento della matrigna - necessariamente cattiva - per il Bacio del Principe. Potrebbero seguire molti altri esempi ricchi di stereotipi, ma quello che ci interessa è sottolineare quanta discrepanza ci possa essere tra lo stereotipo e la realtà e quanto dolore ci possa essere quando La bella addormentata è costretta a svegliarsi.
Le bambine crescono nell’attesa del Principe Azzurro – le donne moderne che ci vogliono rinunciare pagano, diventando Amazzoni solitarie – e il bambino cresce sapendo di dover essere il Principe Azzurro, ossia di dover soddisfare tutte le aspettative della fanciulla che avvicinerà.
Così, la fanciulla va incontro alla delusione e il fanciullo all’ansia da prestazione.
Ora passiamo dal mito ai nostri giorni e vediamo come questo discorso generico possa calarsi negli uomini e nelle donne del 2009.
Troviamo una donna che, dopo aver preso coscienza delle angherie subite, perché nata in una società patriarcale che l’ha relegata in una posizione subalterna, ha tentato di trovare la sua identità in questo cammino, sempre difficile, ha dimostrato di avere tutte le caratteristiche per pretendere la pari dignità, e, anche se il cammino è ancora molto lungo per un discorso di parità di diritti in tutto il mondo, sicuramente ha saputo farsi “prendere in considerazione”, nonostante si tenti continuamente di svalutarla e tali tentativi vengano anche proprio da chi dice di amarla.
Gli uomini molto a loro agio a baciare Biancaneve mezza addormentata oppure a riportare la scarpina necessariamente piccola, perché un piede grande non è abbastanza erotico! – e qui scatta anche lo stereotipo del bello e del brutto – a Cenerentola, hanno perso piano piano la loro sicurezza, quando si sono accorti che quella che stavano baciando era un essere umano uguale a loro; percezione che non hanno avuta così netta, hanno solo sentito che qualcosa non andava nel momento in cui lei ha cominciato ad avanzare delle richieste/pretese …
Anche gli inflazionatissimi termini, tuttora molto adottati, rafforzano gli stereotipi. “Maschietto” e “femminuccia”, infatti, la dicono lunga… Lui sembra il Pierino di “Pierino e il lupo” che fischietta allegro, scanzonato e sicuro, mentre la femminuccia … è una debole donna inadeguata …
La diversità di genere è una gran bella cosa ma sentire gli uomini autodefinirsi a tutte le età maschietti, è veramente una picconata all’identità maschile.
Il maschio oggi appare impotente, narciso, irresponsabile, effemminato, noioso, muto, giocherellone, buono a nulla, mammone, in balia di quella “folle” che lo vuole portare … in posti strani come le sale da ballo, le conferenze, i cinema, in giro … mentre vegeta beato davanti alla televisione o naviga virtualmente o gioca con gli altri maschietti, così tanto allegri quando sono in gruppo.
La femmina appare come un “generale di corpo d’armata”, tanto impaurita di incarnare il modello di sua madre, da cadere vittima del suo contrario, inevitabilmente frustrante le attitudini dell’essere donna che, da un lato, nega accanitamente e, dall’altro emergono sempre più prepotenti aumentandone la fragilità.
Agli occhi degli uomini tutto questo vissuto appare minaccioso, aggressivo, destabilizzante pechè fortemente contraddittorio: dietro l’armatura ci sta, infatti, un’ inesauribile richiesta di attenzione e di rassicurazione che risulta asfissiante per se stessi e per gli altri, proprio nella misura in cui viene negata.
Il risultato è quel “cappio intorno al collo” che tanti uomini avvertono seppure nascosto dietro comportamenti che oggi va di moda definire “free”.
Chi ha ragione?
Dobbiamo uscire dalla logica del torto e della ragione, facile ma inutile, per entrare in una dimensione più complessa che ci riporta al concetto di diversità.
La sessualità è l’espressione di una forza di attrazione di due poli, quello maschile e quello femminile, che si manifestano in modi diversi.
Ognuno si cali nell’abisso che ha davanti a sé e scopra, riveda, lecchi, curi le proprie ferite, ne prenda atto e le superi tornando in superficie.
Solo dopo questa cura amorevole e accettazione di ciò che è stato e dopo aver recuperato un’identità sana, ripescata e portata integra in superficie, sarà pronto per una relazione (d’amore) adulta.
Quando l’incontro tra le persone è la felice espressione di più livelli, emotivo, fisico, mentale e spirituale, c’è la sensazione di pienezza e completezza, come se fosse offerta la possibilità, a ciascuno dei partners, di estendere la propria esperienza in quella dell’altro.
La strada non è facile ma la conquista di questa armonia è possibile; in che modo?
Cosa chiede Lei quando è inquieta?
Chiede di potersi esprimere liberamente: uno spazio da creare insieme in cui sentirsi accettata per com’è e per come sarà diventata dopo l’esperienza della condivisione.
Cosa fa Lui quando Lei è inquieta?
Offre soluzioni per risolvere il problema prima possibile, perché quell’inquietudine potenzialmente creativa è per Lui un problema ovvero ciò che perturba la sua tranquillità.
Cosa sente Lui di fronte alle inquietudini di Lei?
Ha paura di perdere l’equilibrio; è a disagio perché non conosce quel linguaggio; non sa cosa fare perché crede di dover fare qualcosa.
Cosa vuole Lei?
Essere ascoltata da un uomo “forte”, non da un maschietto; forte ossia che sappia stare con Lei nell’emozione, pacatamente, affettivamente, empaticamente.
E’ talmente facile da essere difficile. Perché?
Perché un uomo che sa fare questo è un uomo che ha una sua identità, che non ha paura di intraprendere il viaggio con qualcun’ altra, affidandosi ad essa perché capace di rifiutare, qualora gli venga proposto qualcosa che non è intenzionato a fare. La paura di iniziare qualsiasi cosa, senza averne il controllo, è legata a quanta capacità ognuno ha di rispettarsi, cioè di sottrarsi nel caso in cui il viaggio prenda una direzione che non sente in alcun modo appartenergli. Tale capacità rende liberi di poter accettare l’altro con tutte le sue diversità.
Cosa vuole Lui?
Essere amato per quello che è; lo ha già castrato abbondantemente sua madre! … vuole essere considerato importante …
Come facciamo, allora, a mantenere integra la bellezza dell’altro? Non la si può toccare, come i fiori, né, tantomeno, la si può correggere, eventualmente la si può integrare.
Molte religioni hanno mortificato la parola “sesso”. Nella spiritualità orientale, l’amore sessuale è una meta meravigliosa e piena di speranza per l’affermazione della vita: è l’essenza e il fine reale dell’essere.
Siamo arrivati al dunque: il mistero delle relazioni d’amore. La relazione è una gabbia, una prigione, un gioco di potere, un legame o è acqua trasparente dove vedere coralli e città straordinarie?
A noi l’ardua sentenza.

Psicoterapia Dinamica di Gruppo

Poiché il setting psicoterapico non dovrebbe mai essere scisso rispetto alla vita stessa del paziente e del terapeuta, la psicoterapia di gruppo offre maggiori potenzialità nel rappresentare la realtà così come la si può trovare nel mondo esterno.

La condizione “isolata” del setting individuale, meno realistica, può, in alcune occasioni e per alcuni pazienti che hanno raggiunto un buon livello di integrazione dell’Io, diventare limitativa perché troppo rassicurante e poco adattabile alla più complessa realtà in cui si trovano a vivere.

Il confronto con l’altro da sé, che non sia il terapeuta, attiva dinamiche interne alla persona, che si riferiscono al suo presente e passato, dandole così la possibilità di sperimentare più affetti contemporaneamente e in tempi più brevi.

Ricercare un’adeguatezza affettiva al setting di gruppo significa per il paziente diventare adulto e ciò, per certi versi, corrisponde ad essere sano.

Inoltre l’analisi di gruppo può diventare l’occasione per ricercare un “di più” nelle relazioni, attraverso la conoscenza di sé e dell’altro che diventa contemporaneamente il tramite e la meta della ricerca stessa.

Mosse dal desiderio, più che dal bisogno, le persone scelgono ogni volta di far parte di un contesto in cui si promuove la responsabilità delle presenza a se stessi e agli altri.

Link: Psicoterapia Dinamica di Gruppo

... e un odore intenso di rose e di viole pervase la stanza ...

L'idealizzazione è un meccanismo di difesa mediante il quale la persona costruisce immagini del Sè, di oggetti ed eventi esterni irrealistiche, totalmente positive e onnipotenti.
Tale meccanismo svolge la funzione di proteggere l'individuo dal mondo esterno, considerato pericoloso e conseguentemente di alimentare la propria sicurezza narcisistica.