Il manierismo

è uno stile di comportament, che investe la mimica, il contegno, l'eloquio, la scrittura, caratterizzato da tratti di artificiosità che non lasciano trasparire spontaneità e immediatezza. L. Binswanger annovera il manierismo tra le forme di esistenza mancata accanto alla fissazione e alla stramberia, e lo definisce "uno stile di vita dove il soggetto segue ora questo ora quell'altro modello offertogli dagli altri, adottando le maniere ora di questo "mondo" ora di un altro. Al posto di una vera e propria maturazione della propria ipseità, si presenta un rispecchiamento di se stesso nello specchio dell'uno o dell'altro "mondo" (1956, p.151). Adottando la distinzione heideggeriana tra essere autentico ed essere inautentico che si esprime nei modelli collettivi del Si impersonale, Binswanger ritiene che il manierato non sia in grado di vivere il proprio "esser-ci" nell'autenticità della sua concreta situazione biografica, ma sia costretto ad assumere un generico "esser-si" che, come una maschera, supplisce alla mancanza di un volto proprio: "Il rispecchiamento di sè attraverso l'adozione di un ruolo o di una maschera tolta dalla pubblicità del Si, oppure, ma è lo stesso, di un ruolo o di una maschera nel senso del polivalente esser-Si" (1956, p.242). Il manierismo si manifesta nella schizofrenia e in particolare nelle forme ebefreniche e catatoniche come sforzo estremo di mantenere un rapporto interpersonale attraverso l'adozione di un linguaggio e di un comportamento che tuttavia tradiscono la mancanza di un sè autentico e unitario.
Galimberi U., Enciclopedia di psicologia (1999), Garzanti

Ossa

Parole,
mai sentite pronunciare prima d'ora,
suonano di stupore all'orecchio inesperto,
rimbombano forte nel cuore
che si dilata
tanto
da non saper che dire, che fare, come stare.
E' difficile anche non fare niente, non dire niente
può sembrare poco.
Essenziale per scoprirsi
conoscersi
riconoscere.

Due cuori e una capanna

Domenica 17 Maggio 2009 Il seminario "La potatura" si terrà in Via Giuseppe del Papa, 88 alle ore 10.00

Sul perduto Amore

Lui era già morto quando lo incontrai, mentre io, appena nata, dovevo ancora provare che cosa significasse morire. Poi, arrivò la morte, anche per me. Una morte che apparentemente lascia intatti ma che, togliendo il senso dell'esistenza stessa, toglie tutto. Il senso di estraneità sostituisce tuti gli altri sensi, quelli che hanno il sapore della presenza.
Ascoltare il cuore battere nel torace e sapere che è mera meccanica e che in nessun modo corrisponde a palpiti di desiderio, diventa l'unica, atroce, attività.
Non resta che scimmiottare gli atteggiamenti di quell'Amore perduto, così vivo solo nella memoria, erosa, più che dal tempo che passa, dal vuoto che resta.
Quell'Amore perduto che, quando c'era, rendeva beatamente persi e che, una volta perso, rende persi tristemente.
Lo si cerca fuori da Sè, mentre, se c'è una speranza di ritrovarLo, è in Noi che dovremmo cercare.
Tutta la vita per un attimo di vita.
Il sublime non starà mai più, dopo quella Volta, nell'avere quell'Amore ma nel ricercarLo con determinazione in ogni remoto anfratto e nel donarLo, anzichè toglierLo, a Creature appena nate.
Con Amore